mercoledì 15 febbraio 2012

Costa Concordia: oggi rappresenta un gravissimo pericolo per la salute


L’incapacità e l’irresponsabilità di chi era al comando della Costa Concordia non ha soltanto provocato una tragedia di vaste proporzioni col suo carico di vite umane perite in fondo al mare e i tanti feriti che hanno patito danni più o meno gravi dall’evento. Adesso a rappresentare un problema aggiunto è proprio quel gigantesco relitto poggiato da un mese su un fianco che rischia di diventare esso stesso un pericolo gravissimo per la salute di quanti vivono a ridosso del luogo del sinistro nautico e la lista di rischi e sostanze tossiche che potenzialmente potrebbero riversarsi in mare è tutt’altro che esigua.
Secondo Greenpeace, che ha effettuato un accurato studio dall’Isola del Giglio, raggruppando il tutto in un apposito rapporto denominato “Toxic Costa”, si evince che le sostanze pericolose che potrebbero diluirsi con l’acqua di mare in caso di affondamento della nave sono innumerevoli
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 “A parte essere in attesa di sapere quali e quanti detergenti erano a bordo di questa piccola città galleggiante – spiega Vittoria Polidori, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace – sono state veicolate delle informazioni in alcuni casi superficiali. Greenpeace apprezza la trasparenza che ha portato alla pubblicazione dell’inventario, ma l’uso di termini generici come “pitture e smalti” o “insetticida” non permette di effettuare stime apprezzabili dei rischi per l’ambiente”. Ma c’è di più, in atto non si riesce ancora a comprendere quanti e quali articoli di arredamento erano presenti nella nave alla partenza. Stabilire il tipo di oggetti è importante per capirne la costituzione chimica delle sostanze che li compongono. Si pensi infatti ai tappeti, ai tendaggi,ai  tavoli, agli elettrodomestici che contengono additivi chimici, molti dei quali pericolosi.

“Se la nave si dovesse spezzare o rimanere a lungo adagiata sul fondo, sostanze come ftalati, alchilfenoli (tensioattivi non ionici), composti a base di bromo e paraffine clorurate potrebbero, nel corso degli anni, essere gradualmente rilasciate in mare e contaminare l’ambiente circostante – spiega l’associazione – Quanto al carburante, di cui sono appena state avviate le operazioni di estrazione, si tratta dell’IFO380 un combustibile particolarmente pericoloso per la sua alta densità e per questo vietato nella navigazione in Antartico. La sua fuoriuscita determinerebbe il maggior impatto sull’ambiente dell’Isola del Giglio, che è parte del Santuario dei Cetacei”.
Sono ormai oltre 28 mila le persone che hanno firmato la petizione di Greenpeace per chiedere un decreto interministeriale che regoli il traffico marittimo nelle aree a rischio, come appunto il Santuario dei Cetacei. “Oltre a un decreto sulle rotte a rischio in discussione, adesso c’è un’occasione da non perdere, la convocazione del Tavolo tecnico promesso dalle regioni Liguria e Toscana entro il 29 febbraio per discutere di una gestione seria del Santuario. È ora che tutti, compreso il Governo, si assumano le proprie responsabilità”, commenta Polidori.

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