venerdì 30 marzo 2012

Depressi: mal di cuore in agguato


Mens sana in corpore sano, dicevano i latini e se immaginiamo gli effetti disastrosi che la depressione, considerata a tutti gli effetti una malattia mentale, può determinare sull’intero organismo, forse ci stupiamo meno di come tale patologia sia in grado di infliggere danni, anche seri e alcune volte persino irreparabili sull’intero corpo a cominciare dall’apparato cardiovascolare.

Lo dimostra l’attenzione riposta dall’Istituto di Neuroscienze del CNR di Padova che ha posto l’accento sul ruolo deleterio della depressione nei confronti delle malattie coronariche giungendo a sostenere che la depressione marci a “braccetto” con le gravi cardiopatie. Il risultato è che, sempre secondo gli studiosi del fenomeno, proprio la constatazione di come la popolazione anziana nel nostro Paese sia in crescendo rispetto al passato e stante l’evidenza di come la malattia depressiva alberghi in maggior misura proprio nella terza età, l’attenzione del mondo scientifico dovrà non solo essere alta nei riguardi della depressione, ma soprattutto dovrà tener conto di tale associazione di patologie rispondendo con interventi mirati e specifici nei confronti di un problema di salute pubblica.

Italiani depressi, i più numerosi di tutta Europa

Che il problema, oltre che complesso,sia largamente diffuso, lo dimostra il dato 
secondo il quale la popolazione anziana d’Italia rappresenta nel confronto con quella del resto d’Europa, la più depressa in assoluto, se solo si pensa che i “nostri” over 65enni soffrono di patologie depressive in una percentuale che è pari al 42% dell’intera popolazione nazionale e che nelle donne la percentuale è ancora maggiore, potendo giungere al 52% rispetto a quella maschile rimasta a quota 31%. Ciò è quanto emerge da un’analisi effettuata da uno studio italiano longitudinale sull’invecchiamento, condotta da Stefania Maggi, ricercatrice dell’Istituto di neuroscienze  del Consiglio Nazionale delle Ricerche (In-Cnr) di Padova.Tale lavoro scientifico si è espletato su 5.600 persone di età compresa fra i 65 e gli 84 anni residenti nelle diverse zone del Paese evidenziando bene come fosse alta la prevalenza di sintomi ascrivibili alla depressione che risulta sensibilmente più alta rispetto al modello anglosassone, ad esempio, confermando il dato secondo il quale in Italia la depressione è una malattia maggiormente rappresentata rispetto al resto d’Europa.

Ma lo studio padovano condotto dal CNR non era volto a stabilire il primato di un Paese rispetto ad un altro in materia di malattie depressive in atto, semmai 
l’orientamento che gli studiosi hanno voluto annettere al fenomeno era quello di stabilire se le malattie depressive avessero incidenza sulle malattie cardiovascolari e se per questo potessero essere considerati importanti fattori di rischio al pari di quelli già noti. A quanto pare, parrebbe proprio di si,  “E’ stato infatti provato”, spiega Stefania Maggi, “che in soggetti colpiti da infarto al miocardio la concomitante o conseguente presenza di sintomi depressivi aumenta il rischio di progressione della malattia e di mortalità rispetto a chi, con lo stesso quadro clinico, non soffre di depressione. Soffrire di depressione diagnosticata o presentare sintomi depressivi pur essendo sani espone maggiormente a rischio di malattie coronariche”.L’analisi dell’Ilsa conferma inoltre che la sintomatologia depressiva in età anziana aumenta significativamente la mortalità. 

A questo punto, la domanda nascerebbe spontanea, come mai una malattia mentale riverbera i suoi effetti su organi e apparati in grado di determinare una malattia organica? Secondo Stefania Maggi, bisognerebbe ricondurre il tutto sui fattori biologici che intervengono sull’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, i primi a subire l’attacco da parte delle malattie di tipo depressivo, cui non si può nascondere l’altro rischio rappresentato dall’aggregazione piastrinica che già da sola è in grado di provocare veri e propri disastri a livello cardiovascolare, compreso, in ultimo e non certo per importanza, l’alterata regolazione neurovegetativa del ritmo cardiaco, ovvero,l’alterazione della frequenza cardiaca con tutte le forme di patologie annesse, dalle tachicardie alle fibrillazioni. Dunque, depressione e rischio cardiovascolare nel paziente anziano dovranno essere un importante capitolo da attenzionare da parte di chi si prende cura del soggetto anziano, prevedendo un nuovo protocollo terapeutico che nel curare una patologia non trascuri mai l’altra, semmai preveda cure per entrambe le malattie.

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