mercoledì 18 aprile 2012

Mal di testa: arriva la pillola che non danneggia lo stomaco


Che i fans, ovvero, i farmaci antinfiammatori non steroidei, insieme ai tanti benefici di cui sono capaci, non sono per nulla esenti da effetti collaterali, nonostante la TV pubblicizzi quelli a basso dosaggio e dunque di libera vendita, come fossero caramelle, è cosa assai nota, tant’è che ormai tutti sanno che i più comuni effetti avversi di queste sostanze sono rappresentati dalla gastrolesività, ecco perché si raccomanda l’assunzione a stomaco pieno. Così come degno di nota è anche l’eventuale danno ai reni, quando si preveda un uso prolungato con questi farmaci e di conseguenza qualche azione negativa potrebbero detenerla anche sulla pressione arteriosa.

Resta però il fatto che non è immaginabile la cura di molte malattie, così come poter sperare nella riduzione del dolore fisico e, ancora, aspettarsi un sensibile abbassamento della febbre, ove presente, senza l’esistenza dei fans e, dunque, al di là delle raccomandazioni di massima, non resta altro da fare che utilizzare i fans a stretto controllo medico e per il più breve tempo possibile.

Eppure all’orizzonte sembra profilarsi un futuro più scevro da problemi annessi ai fans. Tale futuro è dato da una scoperta da parte di un team di ricercatori italo-americani dell’Istituto Italiano di Tecnologia, dell’Università della California Irvine (Usa), dell’Università della Georgia (Usa), dell’Università Federico II di Napoli e dell’ateneo di Urbino. Per l’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) è stato coinvolto nello studio il Dipartimento Drug Discovery and Development (D3), diretto da Daniele Piomelli. Lo studio è stato pubblicato su “Nature Neuroscience”.

 “Questo studio – spiega l’Iit – si basa sulla comprensione del ruolo dell’anandamide, una sostanza prodotta naturalmente dal corpo umano, che esercita una importante azione analgesica”.

Secondo tale lavoro scientifico si tratterebbe di indurre il nostro organismo a stimolare sostanze già presenti in noi, per raggiungere l’effetto terapeutico sperato, senza bisogno di introdurre sostanze chimiche dall’esterno. E, poiché si parlava di l’anandamide, ricordiamo che tale sostanza è  inserita nel gruppo delle sostanze di tipo endocannabinoidi, le stesse che, opportunamente stimolate dall’organismo, regolano i processi della fame, della sete,compreso l’atteggiamento che l’organismo assume di fronte allo stress e non solo. In condizioni organiche normali, le stesse sostanze aiutano il nostro corpo a rispondere anche ad alcune malattie. L’effetto di queste sostanze però si esplicherebbe anche a livello del dolore ma non soltanto a livello del sistema nervoso centrale, anche nei diversi distretti dei tessuti se danneggiati. Proprio qua sta il nocciolo della ricerca, aver osservato che laddove si crea un danno o una ferita in qualsiasi parte dell’organismo, lo stesso si attiva per rilasciare l’anandamide e lo fa attraverso i recettori per gli endocannabinoidi CB1 che in qualche modo, già naturalmente, limitano la trasmissione del dolore dal punto del danno fino al cervello passando per il midollo spinale.

E visto che l’anandamide deterrebbe questo effetto, si potrebbe giungere all’antinfiammatorio senza effetti collaterali proprio perché la molecola che dovrà curarci non è estranea al nostro corpo, anzi, fa parte di esso, basterà infatti programmare il rilascio di maggiori quantità di anandamide ed in questo modo si bloccherà del tutto il dolore, o l’eventuale infiammazione  finchè l’eventuale danno che ha generato la sensazione dolorosa o patologica, cessi del tutto.

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