venerdì 4 maggio 2012

Parti: in queste regioni si muore di più di parto



Nonostante l’Italia sia il Paese dove si registra una minore frequenza di morte neonatale, nell’ultimo periodo sono troppi i decessi che hanno avuto per protagonisti neonati, in qualche caso s’è persino registrata la morte della madre.



Ne deriva che la media italiana riferita al periodo settembre/ottobre 2010 si è drammaticamente elevata, come ci riporta una dichiarazione nel merito di Ivano Giacomelli, Segretario Nazionale Codici, l’importante Associazione dei Consumatori, il quale dichiara che "Riteniamo ci sia qualcosa che non va, siamo di fronte ad una media di circa 6 morti di neonati nel giro di un mese. Un dato estremamente preoccupante e che necessita dell'attenzione delle Istituzioni, in particolare in quelle Regione più colpite dal tragico fenomeno".

Ma quali sono le regioni d’Italia dove si è registrata la più alta mortalità infantile?

La Sicilia, la Calabria, la Campania ed il Lazio. Nello specifico, guardando ai dati dell’Istituto Superiore della Sanità, si evince che in Sicilia dopo un parto cesareo si registrano 22 morti per centomila bambini, seguiti dal Lazio con 13 morti per 100 mila bambini. Resta il capitolo parti cesarei, in Italia se ne fanno troppi, considerato che il nostro Paese è quello che, nella classifica che tiene conto del maggior numero di parti cesarei rispetto alle altre nazioni europee, è in pole position! Tutto ciò ben sapendo che il rischio che il bambino muoia, rispetto ai parti naturali, è superiore di due, ma in qualche caso, anche di quattro volte. Secondo l'ultimo rapporto del Ministero della Sanità "nel 2009 il ricorso al taglio cesareo è stato pari al 45 per 100 nati vivi; nel 2008 tale percentuale era pari al 44%. Valore significativamente più alto rispetto a raccomandazioni di agenzie internazionali come l'Organizzazione Mondiale della Sanità che suggerisce un ricorso al taglio cesareo non superiore al 20%". CODICI invita i Governatori delle Regioni più a rischio ad effettuare maggiori controlli nelle sale operatorie e ad intervenire con normative ad hoc per la tutela dei diritti del malato.

Occorre però segnalare una difficoltà che ultimamente si registra in quelle regioni “indotte” a diminuire il numero di parti cesarei. Sembrerebbe infatti che nella corsa di rientrare verso i parametri stabiliti, non si sia dato il tempo ai diversi reparti di adeguarsi ai nuovi modelli loro proposti. Ma c’è di più, la presenza di troppi centri di maternità sparpagliati soprattutto nelle regioni del sud, espone maggiormente al rischio di mortalità infantile. Ciò sembrerebbe dovuto all’inadeguatezza di tali reparti in ambito all’ esperienza fatta sul campo da parte del personale medico e paramedico  e di quella a volte limitata attrezzatura medica  disposta per scongiurare il più possibile il rischio di morte neonatale.

Fonte: Help Consumatori



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