domenica 22 luglio 2012

Infarto: con le cellule staminali si guarisce



Continuano le ricerche in ambito alla rigenerazione del tessuto cardiaco danneggiato da un infarto di grandi proporzioni mediante l’impianto di cellule staminali quale proseguo di una tecnica iniziata nel 2007 dal CNR Inbb e Ospedale S.Orsona di Bologna.

Come sappiamo le cellule staminali posseggono l’importante caratteristica di differenziarsi una volta impiantate nel tessuto che dovrà ospitarle. Nei fatti significa che una qualsiasi cellula staminale, indipendentemente dal tessuto di provenienza, si adatta a quello ove viene impiantata dando origine successivamente a nuove cellule peculiari del tessuto stesso e dunque riformando quello nuovo. Il che significa che domani potremmo anche assistere alla rigenerazione di aree sempre più vaste di tessuto capaci di riformare parti sempre più importanti di un organo seriamente compromesso da una malattia o da un infortunio.


Nel caso però degli studi svolti dal CNR su topi da laboratorio, si è attuata una tecnica ancora più sofisticata, ovvero, si è proceduto con un trapianto di cellule orientate ex vivo, il che significa trattare in laboratorio e prima dell’impianto la cellula con un composto contenente tre acidi insieme in modo da prepararla al differenziamento cardiovascolare una volta trapiantata. Il risultato è stato quello di assistere a cellule che una volta impiantate si sono differenziate ben presto in quel tessuto costituente i vasi coronarici, compresi i tessuti di rivestimento di quest’ultimi, l’endotelio, ad esempio.

Insomma, si è assistito ad una vera e propria ricostituzione di nuovo tessuto cardiaco e vascolare rigenerato che è andato a sostituire quello andato distrutto dall’infarto e, per di più, in maniera del tutto naturale, il che significa aver ricostituito in laboratorio e successivamente in sede di nuovo impianto, gli stessi meccanismi biologici che si osservano in natura, ovvero, la nascita di nuovi vasi da parte del tessuto che ha ospitato le nuove cellule.

Ci si chiede a questo punto se, come di fatto avviene nei tradizionali trapianti, si è presentata anche in questo caso la necessità di procedere ad un trattamento antirigetto mediante somministrazione di farmaci immunosoppressori, che di fatto ha da sempre rappresentato il grosso limite dei trapianti d’organo. Assolutamente no, hanno detto i ricercatori, grazie alla particolarità offerta dalle cellule impiantate l’organismo ricevente ha del tutto tollerato la cellula “ospite”.

I ricercatori hanno definito la realizzazione della nuova molecola di tipo a “logica differenziativa”, il che significa aver creato in laboratorio cellule staminali orientate, opportunamente trattate ed in grado, una volta in sito, di differenziarsi producendo tessuto sano del tutto autonomamente ricucendo in questo modo gli strappi determinati dall’infarto. Ricordiamo che parliamo di cellule staminali provenienti da placenta a termine, quel tessuto che fa parte di un organo che viene eliminato dopo il parto.

Lo studio è particolarmente interessante da un punto di vista scientifico, perché avrebbe dimostrato l’efficacia determinata ai fini della guarigione del paziente ricorrendo a trapianto di cellule eterologhe, ovvero, provenienti nello specifico, da un donatore che non sia lo stesso organismo del ricevente, cosa che per molti anni ha rappresentato il grosso limite della ricerca rimasta all’interno di scenari che, in fatto di cellule staminali, prevedeva la sola prospettiva di un trapianto autologo di queste cellule.




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