Incidente stradale: quando il trauma resta, anche se le ferite guariscono

 


Il momento che cambia tutto

Non sempre è il destino a decidere la nostra sorte. A volte basta un attimo: una velocità sostenuta, un telefonino che squilla, una distrazione, i freni che sembrano non rispondere — pur restando funzionanti — e la nostra vita viene stravolta. E, come spesso accade, può non essere neanche colpa nostra. Quel telefonino, quei freni, potrebbero appartenere al conducente che stavamo incrociando o che camminava poco lontano da noi.

Questo articolo non è un invito alla prudenza, né un monito a lasciare suonare il cellulare. Questo riguarda la consapevolezza individuale.

Il trauma che non si vede

Ciò che merita riflessione è il trauma che una persona può subire dopo un incidente automobilistico. Non parliamo solo di danni fisici — che purtroppo sono frequenti — ma di danni emotivi e psicologici. E questo accade anche quando i danni li hanno subiti gli altri, ancor più se a causa nostra.

Ne parlammo anni fa in un altro articolo e una cosa colpisce: nonostante la tecnologia avanzata delle auto moderne, gli incidenti stradali continuano ad aumentare, spesso fra i giovani, anche se lì ci sono anche tanti altri motivi.  E la risposta emotiva delle vittime resta invariata. La maggior parte delle persone coinvolte in un sinistro, indipendentemente dalla responsabilità, avverte una condizione comune: qualcosa dentro si rompe. Non si tratta di una frattura ossea che può guarire, ma di una frattura dell’identità, che può restare aperta — a volte per sempre.

I numeri che non si vedono

In Italia, ogni anno, si registrano oltre 200.000 incidenti stradali e quasi 300.000 feriti. Alcuni gravi, altri meno. Ma c’è un dato che non viene conteggiato: quanti di loro restano traumatizzati?

Il trauma non segue la logica della gravità. Può nascere da un urto lieve o da un impatto devastante. Ci sono persone che, dopo un piccolo tamponamento, non riescono più a guidare. Altre che, pur sopravvissute a un incidente mortale, non riescono più a vivere.

Il senso di colpa del sopravvissuto

Una delle ferite più profonde è quella del senso di colpa. Colpisce chi guidava e ha perso qualcuno. Colpisce chi è sopravvissuto, mentre altri no.

Perché io sono ancora qui?” “Avrei dovuto morire anch’io.” “Non riesco a perdonarmi.”

Queste frasi non si sentono nei corridoi dell’ospedale. Le senti nel silenzio di una stanza, quando il mondo è andato avanti e tu sei rimasto indietro.

La paura di tornare alla guida

Dopo un incidente, molte persone non riescono più a guidare. L’ansia, la paura — a volte il terrore — paralizzano. E anche quando si rimettono al volante, ogni curva, ogni incrocio diventa tensione. L’unico pedale che sembra offrire sollievo è quello del freno.

“Ogni volta che salgo in macchina, mi sembra di rivivere tutto.” “Non riesco a concentrarmi, ho paura di fare del male a qualcuno.”

Questa è una testimonianza reale raccolta da una vittima della strada. Questa paura non è debolezza. È una reazione normale a un evento traumatico. Ma se non viene affrontata, può diventare una prigione.

Il trauma nei bambini, nei testimoni, nei soccorritori

Non sono solo i feriti a soffrire. Anche chi ha assistito all’incidente, chi ha soccorso, chi ha ricevuto la notizia.

I bambini, in particolare, possono sviluppare:

  • Incubi

  • Paura del viaggio

  • Ansia da separazione

  • Regressioni comportamentali

Spesso, nessuno collega questi sintomi all’incidente. Si pensa: “Sono piccoli, dimenticano.” Ma non è così.

La psicologia della sopravvivenza

Esiste una condizione chiamata sindrome del sopravvissuto. È quel senso di smarrimento, di colpa, di estraneità che provano quelli che “ce l’hanno fatta”. È come se la vita, da quel momento, fosse diventata un peso. Come se ogni giorno fosse un debito da pagare.

E la medicina?

Cosa può fare la medicina? Tanto, poco tanto. Esistono farmaci per sedare l’ansia, per favorire il sonno, per trattare manifestazioni ansioso-depressive. Esiste la fitoterapia, che può aiutare, ma non può fare miracoli, perchè i miracoli, purtroppo, non li fa nessuno!

Ben altra cosa è ricucire una ferita fisica. Ben altra cosa è quando la ferita è emotiva.

Il sistema sanitario, purtroppo, non sempre riesce a rispondere. Il medico di base può non avere tempo o strumenti. Il pronto soccorso non è il luogo per parlare di emozioni. La psicoterapia non è sempre accessibile, né proposta. E spesso, dopo il primo momento, anche amici e parenti si allontanano, presi dai propri problemi.

E così, il trauma resta lì. Silenzioso. Invisibile.

Cosa può fare la psicoterapia

Un percorso psicologico può aiutare a:

  • Elaborare il trauma

  • Gestire l’ansia da guida

  • Superare il senso di colpa

  • Ritrovare fiducia nel corpo e nel mondo

Esistono tecniche specifiche, come:

  • EMDR: per rielaborare i ricordi traumatici

  • CBT: per affrontare pensieri disfunzionali

  • Mindfulness: per calmare il sistema nervoso

Ma serve consapevolezza, accesso, informazione.

Una storia vera

Mario ha 52 anni. Tre anni fa ha avuto un incidente in autostrada. Era alla guida, con sua moglie accanto. Lei è morta sul colpo. Lui è uscito quasi illeso.

Da allora, Mario non guida più. Ha lasciato il lavoro, ha smesso di uscire. Ha provato a parlare con uno psicologo, ma ha mollato dopo due sedute.

“Non mi sento degno di vivere. Non riesco a guardare mia figlia negli occhi.”

Questa non è una storia rara. È una delle mille storie della medicina invisibile.

E allora, a cosa serve questo articolo?

Forse a niente. O forse a qualcosa. Serve a non tenersi dentro il dolore. A dargli forma. A condividerlo con chi ha vissuto una storia simile. A cercare conforto con chi davvero può capire.

Ecco l’importanza delle associazioni che riuniscono persone con esperienze analoghe. È lì che può nascere il vero conforto.

Se alla guida non abbiamo agito in modo deliberatamente criminale, una cosa è certa: al di là delle beghe assicurative, non c’è spesso davvero chi ha completamente torto o completamente ragione. Spenti i lampeggianti dei soccorritori, ciò che resta supera il risarcimento economico. Resta dentro di noi. E non ci sono soldi che possano ripararlo.

Se ti riconosci in queste parole, se hai vissuto qualcosa di simile, non restare solo. Parla con qualcuno. Scrivici. Condividi la tua storia. Perché quando qualcosa si è rotto dentro di noi, forse, a volte… è per sempre. Ma non deve restare invisibile.

👉 [Leggi il nostro vecchio articolo del 2012]

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