Potrebbe essere giunta la vera
risposta da parte della scienza contro il Morbo di Alzheimer, senza per questo
immaginare di essere ancora giunti alla soluzione definitiva della malattia. Tuttavia,
l’ultimo ritrovato scientifico messo a punto dal CNR, ovvero, dall’Istituto di
Genetica e Biofisica e dall’Istituto di Biochimica delle Proteine, apre
sviluppi immediati e speranze quanto mai concrete verso questa temibile
patologia che, oltretutto, si fa sempre più strada nell’uomo moderno. Il lavoro
fin qui svolto è stato pubblicato sulla rivista Immunology and Cell Biology.
Parliamo di un vaccino e, a
giudicare dal funzionamento di questo presidio, sembra ci si possa rifare ai
vaccini classici, quelli in grado di scatenare da parte dell’organismo, una
risposta immunitaria. Nello specifico, ci riferiamo ad un vaccino di nuova
generazione che si opporrebbe al beta-amiloide, una particolare sostanza, un
peptide in questo caso, che una volta accumulatosi nell’organismo va a
localizzarsi nel cervello delle persone che per questa ragione andrebbero
incontro al Morbo di Alzheimer o ad altri danni della memoria con marcata
riduzione delle capacità cognitive.
La ricerca è tutta tricolore ed il
risultato della stessa ha già ottenuto il brevetto nazionale oltre ad essere in
lista per ricevere quello internazionale. Gli scienziati avrebbero ottenuto
infatti una particolare proteina cosiddetta chimerica che è il risultato della
fusione di due diverse proteine unite con un’altra proteina ancora di
derivazione batterica. Una volta che il tutto viene preparato in laboratorio si
genera una struttura simile al virus che fa scattare per questa ragione la
risposta immunitaria dell’organismo che in questo modo preserva il cervello
dall’attacco della malattia.
“Sono ormai 10 anni che ricercatori di tutto
il mondo stanno esplorando la possibilità di prevenire l’Alzheimer con un
vaccino: le prime sperimentazioni sull’uomo hanno acceso molte speranze, ma
anche evidenziato possibili effetti collaterali gravi, che ne impediscono
l’utilizzo”, spiega Antonella Prisco, dell’Igb-Cnr, coordinatrice della ricerca.
“Usando il bagaglio di esperienze accumulato, abbiamo messo a punto la molecola
(1-11)E2, cercando di minimizzarne i rischi per l’organismo e di ottimizzarne
l’efficacia terapeutica”.
In atto la ricerca è
stata effettuata sui topi e non ancora sull’uomo. Ma la risposta positiva
ottenuta con questi animali apre inedite ed interessanti campi di applicazione
sull’uomo, non prima di aver capito però che la possibile cura dell’Alzheimer
con tale metodica non sia portatrice di eventuali effetti collaterali.“Il
vaccino che abbiamo prodotto induce rapidamente una forte risposta anticorpale
contro il peptide beta-amiloide e polarizza la risposta immunitaria verso la
produzione di una citochina anti-infiammatoria, l’interleuchina-4, confermando
le proprietà immunologiche auspicate”, precisa la ricercatrice dell’Igb-Cnr.
“Attualmente si ricorre ampiamente ai vaccini per prevenire le malattie
infettive, ma anche una patologia come l’Alzheimer potrebbe essere prevenuta o
curata mettendo in atto un processo simile”, conclude Piergiuseppe De Berardinis
dell’Ibp-Cnr. “Il vaccino induce la produzione di anticorpi, questi ultimi si
legano al peptide che causa la malattia, favorendone così l’eliminazione. Ora
stiamo lavorando sui ‘carrier’, molecole o micro-organismi utili a convogliare
la risposta immunitaria sui bersagli desiderati”.
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