mercoledì 19 settembre 2012

Alimentazione: perchè siamo attratti dai cibi grassi, è possibile evitarlo? si, con un farmaco





Quanti sono a resistere alla tentazione di mangiare un piatto o qualche patatina fritta appena abbrustolita? Da bambini la voglia di questo alimento era irrefrenabile, da adulti meno, ma solo perché sappiamo bene che insistere troppo con le fritture e ancora con le salse ed in generale con i cibi grassi fa male alla nostra salute. Ma allora, perché, siamo così tentati dal gusto del proibito? In generale perché, guarda caso, le cose buone fanno sempre male e, dunque, si scatenerebbe in noi una forma di avvicinamento verso ciò che ci viene negato. Ma in particolare, se parliamo di alimenti grassi, la spiegazione è “squisitamente” di carattere biologico.

A questo importante risultato è giunto il Dipartimento Drug Discovery and Development dell’Istituto Italiano di Tecnologia, guidato dal Prof. Daniele Pomelli. Lo studio che ne è derivato  è stato pubblicato sulla rivista PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences): “An endocannabinoid signal in the gut controls dietary fat intake”. Coordinato dal Prof. Daniele Piomelli, con la collaborazione italo-Americana tra l’Istituto Italiano di Tecnologia, la University of California – Irvinee l’Albert Einstein College of Medicine of Yeshiva University, New York.

Se, dunque, veniamo attratti dai cibi grassi, dalle stesse fritture, in genere, nonostante ben consci che queste attentino alla salute, è “colpa” degli endocannabinoidi, sostanze che produce lo stesso nostro organismo. Parliamo dell’anandamide e il 2-AG (2-arachidonil-sn-glicerolo). Entrambe le sostanze si attivano una volta che il cibo oltrepassa le papille gustative della lingua, raggiunge il cervello e l’intestino e provocano quella sensazione di desiderio che ci incita a continuare a mangiare senza resistere più alla tentazione di non farlo.

Occorre dire che nell’evoluzione dei mammiferi tale ruolo esercitato da queste sostanze non era di certo a scopo suicida. Se l’uomo, nello specifico, assume un comportamento del genere di fronte, ad esempio, ad una succulenta frittura, è perché sente forte il retaggio di un tempo lontano, quando, per la sopravvivenza della specie, nel possibile, privilegiava i cibi grassi, notoriamente fonte di energia. Semmai oggi, il ricorso esagerato verso tali cibi, ben conditi, saporiti, spesso o quasi sempre fritti, non solo è inutile, visto che è possibile ricercare con facilità energia altrove ed in maniera più salutare, ma molto dannoso, ovvero, causa di sovrappeso, obesità e patologie serie, ricordiamo il diabete, le malattie cardiovascolari, i tumori»

Esisterebbe tuttavia un rimedio efficace contro le tentazioni culinarie appena viste. Il rimedio è un farmaco, il rimonabant, ovvero, un antagonista del recettore CB-1 che blocca la richiesta dell’organismo verso quei cibi, tant’è che il farmaco viene usato contro l’obesità ed il sovrappeso. Ma attenzione a questo farmaco, in Europa venduto col nome commerciale di Acomplia. Infatti, è opinione sempre più accreditata, soprattutto negli ambienti scientifici negli Stati Uniti, ad opera della FDA, che il farmaco è potenzialmente pericoloso, a causa degli effetti neuropsichiatrici importanti emersi. Sono stati accertati, a seguito dell’uso di questo farmaco, diversi casi di depressione, ansia, agitazione psicomotoria, e disturbi del sonno. E, ancora, con Rimonabant, ci sono stati 2 casi di suicidio completato.

I Ricercatori della Columbia University, che hanno collaborato con l’FDA, hanno individuato 74 casi di suicidalità con Rimonabant. Sono stati anche ricevute 11 segnalazioni di casi, probabili e possibili, di crisi convulsive tra i partecipanti agli studi clinici, e 4 confermati casi di sclerosi multipla. Durante gli studi clinici sono stati osservati frequentemente capogiri e vertigini, alterazioni motorie (tremore, disturbi dell’equilibrio) e disordini cognitivi (alterazione mentale, sonnolenza, e disturbo del pensiero e della percezione).

Conclusione: se il rischio obesità è remoto, forse converrebbe più semplicemente  resistere alle tentazioni da cibo, piuttosto che ricorrere con troppa leggerezza a farmaci del genere.
Fonte: FDA, 2007
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