giovedì 11 ottobre 2012

Diabete: otto malati su cento muoiono per complicanze renali, ma oggi potrebbero cambiare le cose



Cifre spaventose che ci danno l’idea di quanto grave sia il diabete, in una Società, almeno per quanto riguarda i Paesi più ricchi, sovralimentata che si impegna, giorno dopo giorno, a risolvere i problemi dell’eccesso di alimentazione e si fronteggia continuamente con situazioni patologiche quali l’obesità. Cifre spaventose che ci mostrano come nel mondo quasi 300 milioni di persone, almeno quelle accertate, debba fare i conti col diabete, malattia che uccide 4 milioni di persone all’anno.

Si muore a causa del diabete in primis per le conseguenze a carico del sistema cardiovascolare al punto che un paziente diabetico su due perisce per questa causa. Ma si muore anche per le conseguenze patologiche a carico dei reni. Otto persone su cento infatti decede per una qualche patologia renale attribuibile al diabete.

Il guaio è che spesso sia le cure per fronteggiare il diabete, sia quelle per contrastare le conseguenze cardiovascolari, finiscono per essere nefrotossiche. Sarebbe dunque auspicabile allora che almeno i farmaci per curare il diabete fossero innocui per i reni. Auspicabile si, ma proponibile? Adesso parrebbe di si.
Una ricerca scientifica condotta lo scorso anno a Stoccolma, avrebbe infatti evidenziato la possibilità di utilizzare una molecola farmacologica contro il diabete di tipo 2, indipendentemente dal grado di funzionalità renale del paziente. Ciò significa che lo stesso farmaco non ha effetti nefrotossici. La ricerca ha evidenziato il ruolo svolto da Linagliptin, questo il nome del principio attivo del farmaco, un inibitore della dipeptidil peptidasi-4 (Dpp4) in monosomministrazione orale.

Tale farmaco "Può essere assunto singolarmente, ma anche in associazione con altri farmaci. I nuovi studi hanno dimostrato che è in grado di ottenere riduzioni della glicemia significative e mantenute nel tempo. Inoltre, grazie al suo profilo farmacocinetico, può non richiedere aggiustamenti di dosaggio persino in pazienti con danno renale", spiega Anthony Barnett dell'University of Birmingham (Gb). 
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