E’
davvero incredibile solo a pensarci. In Italia gli ammalati di epatite C, pur
di non pagare i prezzi esorbitanti dei farmaci con i quali curarsi,
preferiscono prenotare viaggi, possibilmente low cost, per recarsi in India e
lì acquistare i farmaci antiepatite. Ovviamente questo perché in quella nazione
tali sostanze farmaceutiche costano di gran lunga meno, addirittura una cifra
irrisoria rispetto all’Italia, al punto che i pazienti si sobbarcano costi di
viaggio e di alloggio in una nazione tanto lontana dalla nostra.
Secondo Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, un’apposita associazione
dei consumatori che ha seguito la vicenda, i malati sborsano non meno di 2.000
euro per recarsi in terra indiana e nonostante ciò, risparmiano cifre
importanti pur di non acquistare in Italia i farmaci contro l’epatite C.
Il
tutto accade perché con la solita burocrazia in Italia, quanto dovuto ai
pazienti affetti da epatite C, che dovrebbero ottenere i farmaci gratuitamente,
almeno secondo quanto già previsto dai criteri di stabilità dell’Aifa, non
viene somministrato in quanto tali pazienti non risulterebbero per il Servizio
Sanitario Nazionale, così malato da ottenere lo stato di gratuità del farmaco.
“Mentre le istituzioni italiane discutono se e come curare più persone, i cittadini si sono organizzati: prenotano un viaggio e vanno in India o ad Hong Kong per comprare il farmaco con una spesa intorno ai 2 mila euro – dice Tonino Aceti, Coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato – Questo è un fenomeno che va tracciato, analizzato e affrontato dalle Istituzioni per garantire la sicurezza delle cure, per evitare che si sviluppino soggetti intermediari che lucrano sulla salute e per rispondere ad una vera domanda di salute ad oggi insoddisfatta. Adagiarsi sul fai-da-te sostenibile non è una risposta. Voler guarire prima che il proprio stato di salute peggiori è una questione che non può essere liquidata dalle istituzioni come un semplice capriccio dei cittadini”. In Italia, prosegue l’associazione, si sta invece trattando meno di una persona su tre dei cittadini aventi diritto. “Tutte le Istituzioni devono fare di più e meglio”, aggiunge Aceti.Ad essere interessati al problema sono qualcosa come 33.000 pazienti costretti a questo penoso andirivieni, costoso ed in qualche modo persino vergognoso, senza contare che ciò determina un’ulteriore iniquità del sistema se solo si pensa a coloro che non possono permettersi l’esborso del viaggio o a coloro le cui condizioni non consentono loro di spostarsi come accade alla popolazione carceraria che fa i conti, forse più che altri, con questa grave patologia.
Fonte: Help Consumatori
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