Gli
studi riferiti al periodo 1997/2003 descrivevano la possibilità
molto alta per un paziente andato incontro a TIA, ovvero l'attacco
ischemico transitorio o ad ictus minore di andare incontro ad un
ictus vero e proprio o ad una sindrome coronarica acuta entro un anno
dal primo evento considerato
minore. Tale possibilità è
di circa il 20% nei primi tre mesi dal primo evento. Adesso, mentre
resta confermato tutto quanto appena detto, resta da capire i fattori
che determinano tutto ciò.
Per
far questo ci si è affidati ad uno studio scientifico, lo studio
TIAregistry.org che fa parte di un progetto di salute collettiva che
ha descritto il profilo, i fattori eziologici che concorrono negli
eventi patologici e gli esiti riportati dai pazienti che siano andati
incontro a TIA o ictus minori e che necessitano di indagini e cure
efficaci proprio per scongiurare l'evenienza di un ictus devastante o
addirittura mortale.
L'occasione
è quella giusta per ricordare che se è vero che un TIA o un ictus
minore devono essere considerati importanti campanelli d'allarme per
il paziente, stante il fatto che sono quasi sempre eventi reversibili
e che di norma
non attentano alla propria vita, vero è anche che la
sottovalutazione
di tali alert da parte dell'organismo si traducono nel breve periodo,
come visto, dai tre ai 12 mesi, in eventi serissimi spesso persino
letali e comunque devastanti in assenza di adeguate cure e indagini
sullo stato di salute del paziente nel dopo TIA.
Lo
studio ha tenuto in considerazione un certo numero di malati
che erano andati incontro a TIA o ictus minore entro una settimana
dall'evento.
È stato stimato il rischio a 1 anno di ictus e dell’esito composito di ictus,
sindrome coronarica acuta, o morte per cause cardiovascolari. È
stata anche esaminata l'associazione tra punteggio ABCD2 per il
rischio di ictus ( da 0, rischio più basso, a 7, rischio più
elevato ), risultati di imaging cerebrale, e causa di TIA o ictus
minore con il rischio di ictus ricorrente in un periodo di 1 anno.
Lo studio si riferisce a ben 4789 pazienti attenzionati in 61 centri
specialistici dislocati in 21 Paesi, di questi pazienti, quasi l'80%
è stato osservato entro 24 ore da quando hanno lamentato i primi
sintomi, da ricordare che il periodo di osservazione e lo studio vero
e proprio si è svolto in due anni, dal 2009 al 2011 e i risultati
sono stati i seguenti.
In
totale il 33.4% dei pazienti ha presentato un infarto cerebrale
acuto, il 23.2% ha avuto almeno una stenosi extracranica o
intracranica del 50% o superiore, e il 10.4% ha avuto fibrillazione
atriale. Si sono avuti ictus
in una percentuale pari all'1,5% in seconda giornata, pari al 2,1% ad
una settimana dal TIA, del 2,8% ad un mese, del 3,7% a 90 giorni e
del 5,1 ad un anno. Infarti multipli cerebrali, aterosclerosi delle
grandi arterie raddoppiano la possibilità di andare incontro ad
ictus. In conclusione, si è confermata la possibilità di incorrere
in un grave ictus dagli esiti devastanti se non addirittura mortali
entro 1 anno dopo un TIA o un
ictus minore. Ne deriva
ancora di più da questo studio che l'insorgenza di un TIA o un ictus
minore se da una parte non deve prostrare il paziente e la sua
famiglia di fronte ad un evento che quasi sempre ha un andamento
benigno, d' altra parte
impone invece tutta una serie
di contromisure atte a scongiurare la possibilità altissima di
andare incontro ad un accidente
cardiovascolare il cui esito
può essere di gran luna peggiore o addirittura finale.
Giuliano
Fonte:
( Xagena2016 ) - Amarenco P
et al, N Engl J Med 2016; 374: 1533-1542
Neuro2016
Neuro2016
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