domenica 13 gennaio 2019

Epatite E: Il virus può annidarsi anche nelle nostre tavole




Quando si parla di epatite siamo soliti contrassegnare il tipo diinfiammazione al fegato utilizzando cinque lettere dell’alfabeto, la A, la B, la C, la D, la E. Quest’ultima forma l’abbiamo spesso associata al consumo di frutti di mare allevati in condizioni igieniche precarie e privi di controlli sanitari adeguati, ma sopratutto siamo stati spesso indotti a credere che il pericolo di ammalarsi fosse remoto in quanto il contagio avveniva in lontane località dove il consumo di acqua da bere poteva rappresentare in sé un problema, atteso che il virus alberga in acque inquinate. Per porre riparo a questo rischio, bastava ricorrere alla classica e sicura bottiglia di acqua minerale. Ma un recente studio dell’EFSA, l’Autorità Europea per la sicurezza alimentare, ha puntato i riflettori anche su certe abitudini alimentari che ci riguardano moto da vicino.

L'EFSA, ha pure puntato il dito sull’aumento significativo di casi di Epatite E negli ultimi dieci anni in Europa, con un picco di 21 mila nuovi casi in un solo decennio, l’Epatite E, non ha pari, in fatto di diffusione della malattia rispetto alle altre forme di infezione al fegato, vista la minore diffusione, ma ciò non toglie che rappresenta pur sempre un rischio, in certi casi elevato, si pensi alle donne in stato di gravidanza che corrono un rischio ancora maggiore di patire gli effetti nefasti del virus. I recenti studi ed osservazione sul grado della malattia da parte dell’Agenzia europea hanno fatto rilevare che il rischio di infettarsi col virus dell’Epatite E è elevato a seguito del consumo di carne di maiale, carne di cinghiale, fegato e frattaglie di questi animali, anche allevati ad uso domestico, mangiati crudi o scarsamente cotti.

Del resto, l’aumento così significativo di casi in Europa in un arco di tempo tutto sommato ristretto non poteva associarsi al solo consumo di acqua inquinata in zone del mondo degradate dove l’infezione è addirittura endemica. Qualcosa doveva incidere sulla malattia all’interno dell’Europa stessa, quindi oggi sappiamo che la principale fonte di trasmissione della malattia in Europa è il cibo ed in particolare, come detto, i maiali domestici compresi i

cinghiali che possono essere a loro volta portatori del virus, anche se il consumo di carne di cinghiale è di norma molto limitato. Ne deriva che queste carni, a parere dell’EFSA, andranno ben cotte per scongiurare la possibilità di non uccidere il virus presente ancora nelle carni e, quindi, evitando il consumo di carne poco cotta o addirittura cruda. Sull’epatite E, come fa rilevare Help Consumatori, si è concentrato ancheun recente rapporto del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie.Il documento evidenzia che l’incidenza del virus dell’epatite E, nell’area europea, è in costante aumento con 21.081 casi riportati negli ultimi dieci anni (dal 2005 al 2015); nello stesso periodo sono stati riportati 28 morti associati all’epatite E da cinque paesi. La maggior parte di chi contrae l’epatite E è asintomatica oppure presenta sintomi lievi ma in alcuni casi, soprattutto in coloro che presentano già danno epatico o nei pazienti immuno-depressi, può portare a insufficienza epatica, che può risultare fatale.



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