giovedì 19 gennaio 2012

Emorroidi: cosa sono, come si guarisce


Difficile, durante le acuzie di questa condizione patologica, riuscire a sedersi comodamente senza essere trafitti da un vero e proprio supplizio, del resto lo sanno bene coloro che ne soffrono, coloro che soffrono, appunto, di emorroidi.



Cosa sono le emorroidi

Parliamo di una patologia piuttosto frequente, si pensi che gli italiani costretti a ricorrere al bisturi per trattare la malattia sono ben 38 mila, di questi la maggioranza vive al
nord. Una malattia che, oltretutto, si radica maggiormente nel sesso maschile, in Italia sono 21 mila gli uomini che soffrono di emorroidi ma che non risparmia neanche le donne, visto che ne soffrono 13.200 e se poi vogliamo assistere all’incidenza della malattia per fasce d’età, scopriamo che, la maggior parte di pazienti ha tra i 15 e i 64 anni (28.559), mentre gli over 65 sono 5.549 (fonte: Ministero della Salute).

Come si vede parliamo di una patologia molto frequente, oltretutto spesso siamo noi stessi con i nostri stili di vita, con la nostra alimentazione non sempre del tutto corretta, a favorire il disturbo che, sicuramente grave non è, ma doloroso lo è eccome. Le emorroidi sono delle escrescenze che si formano nell’ano, qualche volta anche nel retto e sono dovute al fatto che le vene che irrorano queste sedi si dilatano a causa del non corretto passaggio del sangue proveniente dalle arterie alle vene stesse.

Le emorroidi possono essere di due tipi, interne ed esterne. Solitamente le più sanguinolente sono quelle interne. Spetta al chirurgo esplorare tali formazioni con l’utilizzo della rettoscopia. Le esterne si individuano senza troppe difficoltà, talora è lo stesso paziente a localizzarle se si aiuta con uno specchio. Spesso sono sanguinolente anche quelle esterne e caratterizzate da un dolore vivo soprattutto quando si infiammano. La stitichezza, la predisposizione a sviluppare la patologia in tutte le fasi della vita, è una costante delle emorroidi. Proprio la stitichezza innesca un meccanismo perverso nel peggioramento dei sintomi. Da una parte se ci si sforza durante l’evacuazione la persona affetta dal problema avverte un dolore insopportabile, dall’altra, evitando di andare il bagno si va incontro a spasmi intestinali che innescano a loro volta il problema. Lo dimostra il fatto che l’eccesso di lassativi, che sono sovente causa anche di diarrea, al contrario di quanto si possa ritenere, non migliorano la situazione, proprio per effetto di quelle contrazioni della muscolatura liscia della parete intestinale. Si faceva riferimento agli stili di vita errati e non a caso, si pensi alla sedentarietà, si pensi all’alimentazione non corretta. Per non contare che nella donna tale situazione è aggravata dallo stato di gravidanza, a causa della pressione dell’utero sul pavimento pelvico.

Trattamento delle emorroidi

La prima vera cura delle emorroidi dovrebbe passare per la prevenzione che dovrà prevedere un’alimentazione varia e che comprenda la giusta quantità di liquidi. L’alimentazione non dovrà non prevedere la frutta e la verdura ricca di bioflavonoidi e di fibre.

La cura vera e propria delle emorroidi prevede il ricorso a quegli integratori a base di bioflavonoidi, centella, diosmina e altri principi, utilizzati nell’insufficienza venosa cronica ed in grado di presiedere alla tonicità dei vasi. A questi si aggiungono creme e/o supposte che svolgano attività analgesica, da applicarsi direttamente nella sede delle emorroidi.

Nei casi più impegnativi può essere indicata la terapia chirurgica con l’utilizzo di iniezioni sclerosanti delle vene interessate, oppure, un’altra tecnica consiste nella legatura chirurgica effettuata alla base delle emorroidi che alla fine seccano per la mancanza di sangue. Un’altra tecnica consiste nell’asportazione chirurgica delle formazioni (emorroidectomia). Generalmente quest’ultima soluzione è considerata definitiva, ma non sempre, perché il fenomeno può palesarsi di nuovo in quelle vene che non siano state trattate con l’intervento chirurgico.

Le nuove tecniche operatorie

Oggi si ricorre sempre più spesso alla emorroidopessi. Una nuova tecnica operatoria riservata a quei casi che resistono a qualsivoglia trattamento clinico-farmacologico e che trova riscontro in una percentuale di malati pari al 68% della popolazione affetta dal problema che ha trovato ristoro mediantel’innovativa tecnica operatoria. Parliamo di ben 25 mila pazienti che hanno già avuto a che fare con questa nuova metodica. “Tale  innovativa soluzione – dichiara Alberto Del Genio, Ordinario della 1^ Clinica chirurgica della 2^ Università di Napoli – garantisce un migliore accesso ai tessuti prolassati grazie alla sua testina rimovibile e un controllo ottimale della strumentazione per il posizionamento della stessa. Favorisce, inoltre, una migliore visibilità al chirurgo, permette di ridurre il sanguinamento, contribuendo a migliorare i risultati dell’intervento”.

Di fatto il chirurgo pratica una piccola incisione con asportazione del prolasso determinato dalle emorroidi, escludendo l’incisione dell’ano, come si procedeva un tempo, il tutto effettuato in narcosi, ovvero con paziente addormentato, con una durata dell’intervento di circa 15 minuti e senza alcun bisogno di ricorrere alla degenza post-operatoria; parliamo di una tecnica per lo più indolore senza particolari complicazioni.

“Nel trattamento chirurgico della malattia emorroidaria c’è oramai la consapevolezza che l’intervento di emorroidopessi sia il gold standard” ribadisce Francesco Gabrielli, Direttore della Clinica Chirurgica dell’Università Milano Bicocca. “Si tratta, infatti, di un intervento che si avvicina molto alla formula “ideale” perché è poco doloroso, consente al paziente un inserimento nell’attività di relazione e lavorativa nel giro di un paio di giorni e non è gravato da un indice di recidiva superiore a quello delle tecniche chirurgiche “tradizionali” che, al contrario, sono caratterizzate da una convalescenza più lunga e da dolore post-operatorio importante. Mi fa piacere constatare – conclude Gabrielli – che ci sia stata negli anni una diffusa presa di coscienza dell’efficacia di questo intervento, tanto che la ricerca si è mossa, e si continua a muovere, verso un continuo perfezionamento della strumentazione chirurgica, al fine di rendere al chirurgo il lavoro più facile e offrire al paziente risultati sempre migliori”.


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