Fino a
qualche decennio fa, se si fosse chiesto ad un reumatologo l’eventuale pericolo
cui un paziente affetto da artrite reumatoide incorreva nei riguardi di altre
patologie, il medico avrebbe risposto che, fermi i veri e propri disastri che è
in grado di produrre la grave patologia, la stessa non avrebbe tolto un solo
giorno, all’aspettativa di vita del malato stesso. Ma oggi, di fronte ai progressi della medicina, si sa bene che le
cose stanno in modo del tutto diverso. Lasciando
perdere i danni che la malattia produce alle articolazioni, col rischio anche
di fratture che, generalmente sono esse stesse eventi gravi che a volte possono
risultare fatali, tralasciando l’effetto avverso di quei farmaci un tempo ancor più utilizzati per cercare di contrastare l’artrite reumatoide, in grado, eccome,
di danneggiare organi e apparati vitali dell’individuo, oggi c’è un’altra
consapevolezza scientifica.
Tale
evidenza stigmatizza in modo quasi certo il rischio per un malato di artrite
reumatoide di incorrere in patologie cardiache, spesso gravi, quali ad esempio
l’infarto del miocardio. Ne sono tanto certi i ricercatori che hanno condotto
lo studio, ci riferiamo ad studio su larga scala effettuato in Svezia da
un team di studiosi guidati da Marie E. Holmqvist, del Karolinska
institutet di Stoccolma, che sono giunti alla determinazione di asserire che la
probabilità, per un malato affetto da questa grave malattia autoimmune, ad un
anno dalla sua diagnosi, di incorrere in un infarto è pari al 60%, ovvero, un
paziente a cui è stata fatta una diagnosi di artrite reumatoide, a parità di
età, condizione sociale, e quant’altro, rispetto ad una persona non malata di
questa patologia, ha il 60 per cento di probabilità in più di ammalarsi e a
volte persino di morire a causa di un infarto cardiaco.
«I nostri risultati, hanno dichiarato i ricercatori,
evidenziano come il rischio di infarto del miocardio sia elevato precocemente
nel decorso dell'Artrite reumatoide e quindi mostrano quanto sia importante
monitorare il rischio cardiaco di un paziente non appena riceva la diagnosi della
grave malattia autoimmune». Per giungere a sostenere ciò, gli studiosi hanno
eseguito una sofisticata ricerca presso gli ospedali cui si erano rivolti
qualcosa come 7.469 pazienti affetti da artrite reumatoide la cui diagnosi era
stata fatta tra il 1995 ed il 2006. Fatto ciò, sono stati comparati i dati
rispetto ad un altro gruppo di pazienti, non affetti da artrite, ma ricoverati
negli stessi ospedali per altre patologie. Lo studio è stato espletato in un
arco di tempo pari a quattro anni. I risultati, oltre al fatto di poter conoscere il peso
della malattia autoimmune nei riguardi delle patologie cardiovascolari, ci
permette anche di poter affermare, almeno a parere degli studiosi, che
l’eventualità di incorrere in un infarto del miocardio aumenta del 40% nel
primo anno dalla diagnosi della malattia e sale al 60% dal secondo anno fino al
dodicesimo dalla prima diagnosi.
L'aumento di rischio, inoltre, non è risultato influenzato
dallo stato del fattore reumatoide. L'elevata frequenza di Infarto del
miocardio nei soggetti con artrite reumatoide, infine, fa pensare che siano
coinvolti altri meccanismi patogenetici oltre all'aterosclerosi.
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