Il grado di aggressività e, dunque, di
malignità di un tumore è dato dalla velocità e dalla facilità con cui la
neoplasia diffonde nell’organismo attraverso le metastasi, ovvero, la facilità
con cui la malattia si diffonde dando vita ad altri tumori della stessa origine
di quello primario in altri distretti dell’organismo. Ne deriva che, più sarà efficace
una cura destinata a contrastare la formazione delle metastasi, maggiori
possibilità avrà il paziente di guarire. Ovviamente ci riferiamo ad un tale grado di
specializzazione terapeutica che l’idea che si possa giungere a tanto non è di
certo dietro l’angolo, ma le ultime acquisizioni scientifiche in materia
sembrano orientarsi verso la giusta direzione, soprattutto seguendo il percorso
di un gruppo di ricercatori della UC San Diego School of Medicine, con uno
studio presentato in occasione del Congresso del centenario della American
Association for Cancer Research a Denver, che in qualche modo avvicina
l’umanità verso la possibilità di trovarci domani nelle condizioni di arrestare
le metastasi tumorali. Per giungere a ciò ci stanno studiano gli effetti
detenuti da una proteina che, una volta che si sia sviluppato il tumore,
partecipa alla sua diffusione in maniera incontrollata, la proteina in
questione è stata denominata RANKL.
Tanto importante è il ruolo di questa
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proteina che in laboratorio, dove la si sta sperimentando sui topi, la
particolare sostanza avrebbe dimostrato il proprio ruolo detenuto nella
diffusione della neoplasia, al punto da poter concludere che in quegli animali
che avevano maggiori possibilità di produrre la proteina maggiori erano anche
le possibilità di andare incontro al cancro e ancora maggiori erano le probabilità
che tale neoplasia generasse metastasi. L’altro gruppo di topi da laboratorio
che invece avevano minori possibilità di sviluppare la proteina, avevano
parimenti minori occasioni di incorrere nella neoplasia e, ove essa si fosse
manifestata, minori erano le probabilità che sviluppassero metastasi. La
ricerca è andata via, via perfezionandosi, dimostrando anche che in quei topi
affrancati dal tumore perché privi della proteina, potevano sviluppare la
neoplasia con molta facilità se a questi animali fosse stata iniettata tale
proteina RANKL.
Ma non è tutto, visto che a questo punto
diventa centrale il proseguo degli studi sulla proteina responsabile di
determinare metastasi partendo da un tumore primario. Seguendo i vari passi compiuti
dalla ricerca americana, una volta che il tumore si era manifestato, ma non
aveva ancora dato vita alla formazione di metastasi, era possibile bloccarne la
diffusione intervenendo sulla proteina stessa. In sostanza sembrerebbe che la
scienza medica potrebbe già avere in mano la soluzione riguardo la diffusione
delle metastasi in un soggetto neoplastico, questo laddove si potesse operare
realizzando un farmaco anti proteina RANKL che fin’ora però pare funzionare
egregiamente solo sui topi, manca tutto il resto della letteratura esportata in
umana. Ma anche in questo senso i ricercatori sembrano ottimisti e sulla strada
giusta per procedere alla realizzazione a breve di tale inedito farmaco
antitumorale.
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