Chi non ricorda i proclami e le grida manzoniane dell’allora ministro della salute, Roberto Speranza, riguardo l’obbligatorietà, per i pazienti affetti da Covid 19, al trattamento con Tachipirina e vigile attesa. Peccato tanti medici abbiano preso alla lettera tale protocoll, con la conseguenza che molti di coloro che si sono ammalati e si sono sottoposti a tali cure non possono più raccontarlo, per la semplice ragione che sono morti!
Per giungere a questo risultato, i ricercatori hanno arruolato una vasta platea di pazienti, 112.269 adulti di ambo i sessi con un’età media di 63 anni, nel periodo che andava dal 1 gennaio 2020 al 10 settembre 2021 in 64 strutture sanitarie statunitensi, partecipanti al National COVID Cohort Collaborative del NIH (National Institutes of Health). Per classificare l’incidenza della malattia nelle diverse nazionalità, la maggior parte dei pazienti (52.7%) era bianca; il 16.1% era afroamericano, il 3.8% asiatico, il 5% era di un'altra razza ed etnia e il 22.4% aveva una razza ed etnia sconosciute. Dei pazienti osservati, circa l’ 11% di questi sono morti entro 28 giorni dal ricovero. Dei pazienti deceduti, il 10% era morto, nonostante avesse assunto Aspirina, mentre fra coloro che non avevano assunto questo farmaco, il numero di decessi era aumentato in maniera sensibile. Da notare che parliamo di pazienti che a casa non avevano ricevuto alcun trattamento se non la vigile attesa. Un altro dato importante da segnalare è quello relativo al rischio di incorrere in embolia polmonare. Fra coloro che avevano assunto Aspirina il rischio si era ridotto anche in questo caso in maniera significativa e ricordiamo che una delle cause di morte da Covid era rappresentata proprio dall’emobolia polmonare. I maggiori benefici contro l’embolia polmonare l’hanno ricevuta pazienti di età superiore ai 60 anni e maggiore di 80 anni sopratutto quelli con comorbilità.
I ricercatori inoltre si sono chiesti se, stante l’attività antiaggregante dell’Aspirina, i pazienti che vi fossero ricorsi precocemente fossero andati incontro a complicanze emorragiche. Alla luce dei risultati ottenuti, si è osservato che questo non è accaduto né per emorragie gastrointestinali, segno che i pazienti sono stati trattati efficacemente con gastroprotettori durante la loro degenza, né per emorraggia cerebrale al punto che il numero di pazienti che ha richiesto una trasfusione ematica è stato al di sotto del 3%. Per non contare il fatto che la stessa percentuale di coloro che hanno avuto bisogno di una trasfusione di sangue era riscontrabile anche nei pazienti che non avevano fatto uso precoce di aspirina, 3,7% per gli assuntori del farmaco, 3,2% per i non assuntori.
Questo studio non svela molto di più di quello che tanti medici hanno concluso riguardo al trattamento del Covid 19 sopratutto nelle forme iniziali. Ovvero, che il ricorso alla Tachipirina e vigile attesa era destituito di qualsiasi fondamento scientifico e ciò senza volere entrare in altre polemiche che attendono al trattamento generale riservato da tanti medici, non tutti per fortuna e sbandierato da governi, stampa, al tempo della pandemia. Tuttavia, una cosa è certa. Il trattamento con l’Aspirina per questi malati è solo uno degli approcci terapeutici efficaci, cui seguono altri che investono altri farmaci e altri presidi medici. Tutte misure che una volta escluse dai protocolli hanno palesato e causato quei decessi e quelle sofferenze, sotto gli occhi di tutti, che oggi sembra abbiamo dimenticato del tutto.
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