Quando il mal di testa non è solo mal di testa
Svegliarsi come dopo aver ricevuto quella che si chiama... tranvata, magari una sensazione che ci farebbe restare ancora a letto se non fosse che dobbiamo andare a lavorare. Un mal di testa strano, perché non è il solo mal di testa a darti fastidio, ma gli occhi gonfi e uno di quei pesi sui capelli, per chi ce li ha, come se gli avessero legato dei pesi che ti portano in basso. Concentrazione zero, voglia di fare, idem e… sorpresa, ecco, ci mancava pure un bruciore gastrico, una nausea latente che non si capisce neanche da dove viene, visto che la pancia non ti fa male, bruciore a parte.
Un vecchio articolo che torna attuale
Bella domanda, in attesa di mille risposte che tardano ad arrivare. Ed ecco che, scorrendo le pagine di questo blog, l’attenzione va al lontano 2012, a un articolo dell’epoca: “Soffri di emicrania? Possibile che soffri pure di reflusso gastroesofageo”. Ecco che tutto torna, forse. E a distanza di ben 13 anni pensi: sarà cambiata qualcosa o quel vecchio titolo è ancora attuale?
Quel titolo è ancora attuale, ma con una consapevolezza che, forse, ognuno di noi, con un decennio in più sulle spalle e con le letture che nel frattempo ha fatto, ha ben realizzato. Il corpo non parla mai da solo. Non è un coro di voci, ma di segnali che ci manda spesso accoppiati fra di loro.
Quindi oggi, forse meglio di ieri, cosa sappiamo? Che se avvertiamo un singolo sintomo, come appunto il mal di testa, è probabile che questo sia correlato a un altro o più sintomi. Il che ci fa ben intendere quanto il nostro corpo sia intimamente collegato nelle sue funzioni e nelle relative eventuali sintomatologie.
Lo studio del 2012 e la sua eredità
A livello scientifico, come rilevammo 13 anni or sono, si faceva riferimento a un lavoro che aveva coinvolto 2000 pazienti emicranici, molti dei quali accusavano anche disturbi digestivi: reflusso, pirosi, acidità. E non si trattava di casi isolati. Molti di loro assumevano FANS per gestire il dolore, altri usavano triptani. La maggior parte erano donne, spesso già abituate a convivere con dolori mestruali e farmaci da banco.
Perché è importante riguardare quello studio a distanza di anni?
Perché all’epoca lo studio poteva essere soltanto osservazionale. Oggi incarna una sua concretezza, data anche dall’apporto della letteratura medica collegata a studi recenti che suggeriscono che il reflusso possa addirittura favorire l’insorgenza dell’emicrania. Altri parlano di un legame mediato dalla depressione, dallo stress, da quel sistema nervoso enterico che governa l’intestino e comunica con il cervello.
Il significato nella pratica clinica
Spesso, immaginare di spegnere il sintomo — come ad esempio il mal di testa quando associato al mal di stomaco — senza investigare cosa crea la patologia gastrica è un errore. Ma lo stesso potrebbe valere al contrario.
L’approccio moderno è quello di non scindere gli organi, le malattie ad essi associate, come fossimo una tavola anatomica che ci consente di settorializzare i singoli apparati. E questo, nella pratica, cosa significa?
Significa, ad esempio, che se ho lo stomaco in subbuglio, mi chiedo se ho dormito male. Se mi sento nervoso, mi chiedo se ho respirato davvero oggi. Se ho mal di testa e sento lo stomaco in subbuglio, devo capire se c’è relazione fra i due apparati — gastrico e cerebrale.
Può andar bene spegnere il sintomo nell’imminenza di un impegno contingente, ma alla lunga devo capire il malessere generale che coinvolge apparati tanto diversi, apparentemente. E devo anche capire — e farmi aiutare in questo da professionisti della salute — quanto lo stress, l’ansia, l’igiene di vita possano innescare quei circoli viziosi in cui mi trovo a galleggiare.
Quando il corpo parla, ma non lo ascoltiamo
Ci sono giorni in cui l’emicrania è più forte. E guarda caso, sono spesso quelli in cui ho mangiato male, ho saltato i pasti, ho abusato di caffè o ho preso un antidolorifico senza pensarci. E ci sono giorni in cui lo stomaco brucia, ma non è colpa del cibo. È colpa della tensione, della postura, del fatto che ho trattenuto il respiro per ore senza accorgermene.
Il corpo è un sistema. E come ogni sistema, funziona solo se le parti comunicano. Il problema è che noi, spesso, non ascoltiamo.
Farmaci e conseguenze nascoste
E poi c’è quella cosa che non ti dicono mai: i farmaci che prendi per l’emicrania possono peggiorare il reflusso. I FANS, ad esempio, sono tra i più gastrolesivi in circolazione. Li prendi per il dolore, ma intanto lo stomaco si irrita, la valvola tra esofago e stomaco si indebolisce, e il bruciore sale. Letteralmente.
E che dire dell’asse intestino-cervello, quell’autostrada virtuale che corre dentro di noi e che spesso si intasa e ci rende difficile la vita? Una realtà biologica che la medicina sta finalmente iniziando a considerare con serietà.
Cosa ci dicono gli studi più recenti
Negli ultimi anni, alcuni studi hanno provato a mettere ordine in questo caos. Uno pubblicato su Neurology Clinical Practice ha osservato che l’uso prolungato di inibitori della pompa protonica — i famosi PPI — può avere effetti collaterali neurologici.
A proposito di questo: l’idea che un farmaco funzioni perché, quando lo prendiamo, ci toglie il sintomo che ci fa stare male è sicuramente positiva. Ma se il sintomo persiste, è il momento in cui dobbiamo capire che la spia del nostro cruscotto della vita non può essere semplicemente messa a tacere. Bisogna agire affinché la “spia” non si accenda più.
Più facile a dirsi che a farsi, ovvio, in un’epoca in cui prendersi cura di noi — al di là dell’aspetto estetico — sta diventando pura utopia. E questo non significa affidarsi a una montagna di esami diagnostici ad ogni piè sospinto (il che può persino aggravare le situazioni). Significa ascoltarsi.
Un po’ come ha previsto un altro studio su PLOS ONE, che ha evidenziato un effetto causale tra reflusso ed emicrania, con la depressione come possibile mediatore.
Stiamo curando o stiamo solo spostando il problema?
E allora la domanda diventa: stiamo curando l’emicrania o la stiamo solo spostando da una parte all’altra del corpo?
Conclusione: il corpo non mente
Per concludere e rimanendo nel tema iniziale: non esistono sintomi isolati. L’emicrania non è solo un dolore alla testa. È un messaggio. E a volte quel messaggio parte dallo stomaco, dall’intestino, da un equilibrio che si è rotto più in basso e che risale, lentamente, fino a farsi sentire dove fa più rumore.
Forse, la prossima volta che ti svegli con quel peso dietro gli occhi, prima di aprire il cassetto dei farmaci, prova a chiederti: cosa mi sta dicendo il resto del corpo? Perché a volte, la risposta non è nella testa. È nella pancia. E ascoltarla può fare la differenza.
Nei fatti, continuerai ad aprire l’armadietto dei farmaci e a cercare quello che a memoria ha funzionato bene l’ultima volta, perché è comodo così, perché non richiede impegno, perché costa poco in termini di fatica ma, attenzione, il corpo spesso presenta il conto e non è detto che quando lo fa abbiamo sempre la possibilità di pagarlo!
V I S I T E:
Neurology Clinical Practice (2024): Uno studio retrospettivo statunitense ha evidenziato che l’emicrania e la cefalea grave possono essere eventi avversi legati all’uso prolungato di inibitori della pompa protonica (PPI). Anche altri farmaci antiacidi, come gli antagonisti H2, sono stati associati a un aumento del rischio di mal di testa.
PLOS ONE (2024): Ricercatori cinesi hanno utilizzato la randomizzazione mendeliana per dimostrare un effetto causale positivo tra reflusso gastroesofageo ed emicrania. Lo studio suggerisce che la depressione può agire da mediatore, aumentando il rischio di emicrania nei pazienti con MRGE.

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