mercoledì 22 febbraio 2023

Ansia: ma possiamo definirla sconosciuta o la conosciamo molto bene?

 



Una sorta di disagio che a volte sfocia in una vera e propria patologia, oppure resta latente ma pur sempre capace di scatenare, esacerbare, cronicizzare patologie organiche che rendono difficile la vita della persona. Di che parliamo? Parliamo dell’ansia. Un disagio, spesso collegato a fatti esterni alla persona afferenti il lavoro, la sfera dei sentimenti, compresa una certa predisposizione genetica che porta il soggetto a confrontarsi con la realtà con un atteggiamento non del tutto corretto e fonte di tensioni e preoccupazioni a volte estreme.

Un tempo si dava troppo poco peso all’ansia, come fosse un vezzo di coloro che non riuscivano ad affrontare il disagio della vita quotidiana. Ma di fronte ai numeri giganteschi di coloro che si devono misurare con questa forma di disagio psicologico, parliamo di poco meno di 70 milioni di persone, nei soli Stati Uniti d'America, una popolazione superiore agli abitanti di tutt’Italia, si capisce bene che parliamo di una situazione clinica che influenza moltissimo il genere umano. Dentro questa popolazione di pazienti riscontriamo i diversi livelli dell’ansia, si parte dalle forme transitorie, di norma benigne, fino agli attacchi di panico, per culminare fino alle fobie, che sono vere e proprie patologie a sfondo psicologico e allo stress post traumatico che di norma è correllato a gravi episodi vissuti dal paziente, uno fra tutti i terremoti catastrofici. Per completare i dati dei pazienti ansiosi, ricordiamo che in Europa soffre d'ansia il 14% della popolazione, oltre 61 milioni di persone.

La situazione in Italia
In Italia, almeno da questo punto di vista, si sta meglio, se così si può dire, visto che a confrontarsi con questo disagio personale è una popolazione che supera i 7 milioni di persone, la metà, in proporzione con gli ansiosi che vivono negli States. Il problema è: siamo così sicuri che il dato sia reale e non viene riportato in difetto? Perchè altro è registrare i pazienti che siano andati incontro ad una malattia infettiva, altro è censire quelli che soffrono di ansia che laddove non si trovino a rasentare una patologia, di norma, curano i sintomi più col “fai da te” che con l’intervento del medico o dello psicologo. Poi c’è un altro dato che concerne l’ansia ed è la differenziazione nei due sessi. Le donne vanno più incontro all’ansia rispetto agli uomini. La motivazione è di origine organica, come ben riferisce Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di neuroscienze del Fatebenefratelli-Sacco di Milano: 

“Esiste una base biologica ormonale alla quale si aggiunge la prestazione: l'aumento delle ore per conciliare casa e lavoro e la performance multitasking, il dover passare da una funzione all'altra”.

Come curare l’ansia
Si potesse curare l’ansia alla stregua di una malattia organica, istituendo una cura univoca e aspettando la remissione dei sintomi fino a giungere alla guarigione, sarebbe un miracolo! Ma purtroppo così non è. L’ansia prevede un apporto mutidisciplinare, anche se troppo spesso, gli ansiosi, utilizzano come prima strada il farmaco col rischio di intervenire con un unico presidio su un disturbo che invece andrebbe analizzato in tutte le sue sfaccettature e che pertanto andrebbe curato guardandolo in tutti i suoi aspetti. Cò in quanto l'ansia è un valore positivo, fino a quando non diventa un ostacolo. Bisogna imparare a controllarla. Ma come? 

“La strada del farmaco non si è rivelata efficace. Tampona il risultato ma non risolve”, spiega il neuroscienziato americano Joseph LeDoux nel saggio 'Ansia: come il cervello ci aiuta a capirla'. Inoltre, esiste l'azzardo della cura fai-da-te, “il cui primo rischio consiste nel sovradosaggio”, aggiunge Mencacci. E se è vero che i farmaci antidepressivi, ansiolitici e ipnotici sono prescritti dal medico, capita però di frequente che il paziente non faccia troppa attenzione alle indicazioni, al dosaggio e agli effetti collaterali, rischiando così fenomeni di sonnolenza, difficoltà motorie o assuefazione. “Proprio per questo il medico ha l'obbligo di dare indicazioni chiare e precise sulla dose e la somministrazione”, conclude Mencacci.

Oggi non esiste un controllo dell’ansia del tutto rivoluzionario rispetto al passato, ma esiste una maggiore consapevolezza che il paziente ansioso vive male la propria vita, lo fa vivere male di fronte alle persone con le quali si circonda e per questo va curato ed ecco i vari rimedi per combattere questa condizione patologica che non sono più affidati ai soli farmaci come avveniva in passato. Tant’è che quando si parla di approccio mutidisciplinare non si fa riferimento ai soli farmaci.

Gli esperti dell'americana Mayo Clinic suggeriscono un po' di esercizio fisico, che risulta efficace per ridurre lo stress e migliorare l'umore, oltre che la salute complessiva. Una doccia calda, agendo su alcuni circuiti nervosi, può aiutare a rasserenarsi. Anche le tecniche di rilassamento, come yoga o meditazione, sono un altro strumento utile per restare concentrati e non cadere preda delle proprie paure.

Ma l’ansia è solo un fattore negativo?
L’ansia non deve essere vista solo come un evento contrario al nostro benessere. L’ansia, prima di diventare una patologia, è una condizione fisiologica che prepara l’organismo di fronte alle novita, alle condizioni più impegnative e che lo allena con i giusti livelli di stress per affrontarle. Il problema è quando prende il sopravvento sull’individuo, proiettandolo in una condizione di stress continuo che finisce con rendere scadente la qualità della vita del soggetto interessato. Ciò in quanto, se lo stress non supera i livelli di guardia può essere un nostro alleato per rendere meglio nel lavoro, negli affetti, nella vita di tutti i giorni, lo riporta bene un'inchiesta del quotidiano inglese Guardian sull'esposizione degli adolescenti ai social network e al confronto vissuto nella solitudine della cameretta.
“L'ansia fa parte della vita: c'è sempre qualcosa di cui preoccuparsi, avere timore, agitarsi o stressarsi. È normale. Ma non siamo tutti ansiosi nella stessa maniera” , scrive LeDoux. "C'è chi è più soggetto a preoccuparsi e chi invece rimane più distaccato dalle problematiche della vita. Il consiglio è comunque cercare di capire i meccanismi e le radici profonde dell'emozione negativa, per addomesticarla, anziché contrastarla". 

Fonte: Emanuele Guerrini CNR


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