Impossibile che
non ci abbiate fatto caso, quando stiamo male, soprattutto quando si ha la febbre, tutto ciò che ingeriamo, dai cibi, fin’anche all’acqua, ha un sapore
diverso, tutto sa di amaro e persino la pietanza che amiamo di più, ci disgusta
una volta giunta in bocca, insomma, sembra proprio una schifezza! Ma come mai accade
tutto ciò?
Secondo un
gruppo di ricercatori di Filadelfia del Monell Chemical Senses Center che hanno
pubblicato la scoperta scientifica sul Brain Behaviour and Immunity,
imputata numero uno in questa situazione è una proteina che prende il nome di
TNF-a (fattore di necrosi tumorale a). Tale proteina si libera nei processi
infiammatori che seguono un’infezione o eventuali accessi febbrili.
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Una scoperta fortuita
La scoperta di
tale proteina, come sempre più spesso accade con altre scoperte medico
scientifiche, è stata un puro e semplice caso che però ha fornito più
spiegazioni insieme, tutte sicuramente utili. Ciò in quanto gli scienziati
stavano in effetti testando la
TNF-a in pazienti affetti da malattie autoimmuni, come ad
esempio il lupus, l’artrite reumatoide, solo per citarne un paio, così come al
contempo si stavano studiando alcuni casi di cancro in pazienti che soffrivano
di questa malattia e si voleva capire come mai, soprattutto i pazienti
neoplastici, all’aggravarsi della malattia perdevano l’appetito, fino a
perderlo del tutto di fatto accelerando la loro fine e si è visto che
responsabile di tale situazione era anche la proteina TFN-a, la stessa che
altera il gusto delle persone affette da infiammazioni o infezioni soprattutto con
febbre.
Interessante è
stato l’esperimento che ha portato ai risultati appena visti. Tale lavoro
scientifico è stato condotto su una colonia di topolini che mediante ingegneria
genetica venivano privati della proteina e agli stessi animali venivano
sottoposte bevande di volta in volta più zuccherate, aromatizzate, amare e persino
salate. Ebbene i topi, privati della proteina non facevano eccezione quando
bevevano bevande il cui gusto tendeva al dolce e al salato o all’acido, stessa
cosa accadeva con le bevande amare, per rifiutarle dovevano avere un grado di
amarezza particolarmente elevato.
Ma la proteina dove agisce?
Sulla lingua esaurendo il suo effetto a livello
topico, oppure nell’atteggiamento degli animali poteva vedersi un’azione del
cervello con un’influenza di tipo cerebrale che finiva per l’influire sul loro
comportamento? Le conclusioni cui si è giunti sono quelle secondo le quali, una volta sviluppatasi la
proteina a seguito di fattori infiammatori, infezioni e febbre alta, questa guasterebbe
il sapore dei cibi e delle bevande rendendole più amare di quanto di fatto
siano. Se dunque, quando siamo costretti a letto dalla febbre, rifiutiamo il
cibo perché lo ritroviamo più amaro del dovuto, non è un nostro capriccio o una
nostra cattiva volontà nel non volerci alimentare quel tanto che basterebbe per
cercare di stare un po’ meglio. La “colpa” del nostro amaro in bocca è solo
della proteina TNF-a, così come nei malati terminali spesso il rifiuto totale
del cibo che di fatto finisce col decretare la fine di questi pazienti, è
proprio dovuto a questa proteina che se allontanata dall’organismo, soprattutto
nei pazienti affetti da gravi patologie, potrebbe in qualche modo aiutarli a prolungare la propria esistenza con una qualità della vita per lo meno più accettabile.
Fonte:
FedeBaglioni88 - @FedeBaglioni88- Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5
Italia.
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