domenica 30 agosto 2015

Di stress si muore: la Sindrome del Burnout come malattia professionale


Ormai è acclarato, di stress si può morire! Ovviamente di uno stress prolungato nel tempo ed evidenziato dai livelli alti di cortisolo nel sangue che costringono il cuore a pompare di continuo e ad alta frequenza a causa del continuo rilascio di adrenalina.


Lo stress è la somma dell’ansia accumulata, è una spina irritativa che sconquassa tutto l’organismo che alla fine “viaggia” sempre su di giri mettendo a dura prova tutti gli apparati e gli organi. Chi è stressato oltre ad accusare tachicardia, sudorazione, spesso affanno, ha riverberi anche a livello dell’apparato gastrointestinale ed assiste anche a quelle che si definiscono malattie psicosomatiche i cui effetti sugli organi sono assimilabili alle malattie organiche, una fra tutte, la sindrome del colon irritabile.

Ma se di stress si può morire, dove traiamo la peggiore forma di stress?

Non è che tutte le forme di stress uccidono, forme lievi e soprattutto non reiterate nel tempo, addirittura possono pure essere positive per la salute, in quanto l’organismo riceve delle scosse di tanto in tanto che gli consentono di tenere alta l’attenzione, far funzionare al meglio il sistema immunitario e coordinare il lavoro congiunto di tutti gli apparati. Si tratta di capire quando il passaggio fra lo stress positivo e quello negativo cominci a farsi nefasto per la stessa vita. Perché se di stress si può morire, quando l’esito finale non accade, lo stress fa vivere malissimo, accelerando anche i processi di invecchiamento della persona. Una delle fonti di stress è il lavoro. Vivere schiacciati in un ambiente di lavoro ostile, fatti oggetto di mobbing, vivere continue soverchierie da parte del capo e qualche volta dei colleghi, sottopone l’organismo a livelli di stress intollerabili.

Ma anche quando questo non accade, rapportarsi col proprio lavoro, soprattutto quando questo si rivolge in maniera diretta col pubblico che dal lavoratore richiede risposte pronte e precise, pensiamo agli insegnanti, ai medici, agli infermieri a certi incarichi di governo e via di seguito, il carico di preoccupazioni e di responsabilità, consci del fatto che ogni propria azione possa non essere adeguata alle aspettative dell’utenza, crea quella che si chiama Sindrome del bornout, una serie di sintomi che sfociano nella patologia e alla base della quale ritroviamo stress conclamato, continuo, costante e con picchi pericolosi per la stessa vita della persona.

La Sindrome del Bornout come malattia professionale

In francia il prossimo passo è proprio questo, considerare la Sindrome del Burnout una malattia professionale. L’'ex ministro socialista Benoît Hamon ha presentato all'Assemblea Nazionale francese un disegno di legge che la riconoscesse come tale. E Hamon sa di che parla: un anno fa fu cacciato dal governo perché contrario alla svolta "social liberale". Fatto fuori, bruciato nelle sue ambizioni, quindi si immagina sottoposto a notevolissimo stress.

Così ha presentato tre emendamenti al progetto di legge sul dialogo sociale che si sta discutendo in Parlamento per riconoscere proprio il burnout: un meccanismo di stress molto forte a cui sono sottoposti per la natura del loro lavoro medici, infermieri e chi è a contatto quotidiano con sofferenza e morte, ma anche, sostiene il politico francese, chi è costretto a lasciare il proprio lavoro per vessazioni e pressioni indebite di colleghi e superiori.


Attualmente l’incidenza di questa sindrome è nota in Francia, ma la situazione italiana è ancora più grave. Oltralpe sono almeno 3 milioni  e 200 mila persone che ne soffrono, eppure nel 2013 la Sindrome del Burnout è stata riconosciuta solamente a 239 dipendenti e per tale ragione hanno visto riconoscersi il risarcimento e tutti gli altri? Nulla. Riuscendo a sostenere la Sindrome come giusta causa di risarcimento, si assisterebbe ad una svolta epocale nelle cause di lavoro. Dunque Sindrome del Burnout intesa come malattia professionale passibile di risarcimento danni per la persona offesa quando è provata l’origine della malattia. Sindacati d'accordissimo, imprenditori ovviamente contrari: se il burnout fosse riconosciuto dalla legge come causa di lavoro professionale, dovrebbero accollarsi i rimborsi, ma anche - spera Hamon- mettere in campo strumenti di lavoro che impediscano lo stress assassino per i loro dipendenti. 
Fonte: rainews

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