Il dato è di quelli solitamente in
difetto, vista la reticenza delle donne nel confessare che per molte di loro
fare l’amore è fonte di grande dolore, quando va bene di grande fastidio,
eppure sono pochi quelle che lo ammettono, eppure parliamo di ben 15 donne su
cento e, addirittura, di 40 donne su cento in menopausa. Parliamo di dispareunia, ovvero del
dolore durante un rapporto sessuale, cui vanno incontro, come visto tante
donne, ma ce ne sono tante altre che pur soffrendo si tengono tutto per sé.
Tale ritrosia nel non confessare neanche al medico il problema, è un serio
inconveniente che va ad aggiungersi a quello di fondo rappresentato dal dolore in
sé ma che, oltretutto, espone la donna al rischio di aver sottovalutato
un’importante spia del suo apparato riproduttore sede, chissà, anche di qualche
importante patologia.
Provare molto dolore durante l’atto
sessuale inoltre non si limita a segnare la qualità della vita di una donna, ma
può anche avere riverberi sulla sfera psichica dell’interessata che finisce
spesso per minare persino il rapporto di coppia che sta vivendo la donna. Se vogliamo comunque guardare il
problema da un punto di vista medico non possiamo non considerare la
possibilità che una donna che soffra di dispareunia potrebbe anche essere
affetta da endometriosi. Così come un’altra causa potrebbe essere determinata
dalla scarsa elasticità dei muscoli dell’utero che una volta sollecitati
finiscono per reagire contraendosi e, dunque, dar luogo al dolore durante il
rapporto sessuale. Persino l’aspetto psicologico gioca un ruolo importante nel
disturbo. Ricordiamo che spesso il trascorso della donna, la paura del sesso,
alimentata da un’educazione restrittiva della bambina, ma anche un particolare
shock emotivo, l’ansia e lo stress in generale, possono essere tutte
motivazioni aggiunte in grado di causare il disturbo.
Di questo è convinta
anche la
Fondazione Graziottin e l’Associazione Italiana Vulvodinia
quando afferma che, “Si tratta di problemi frequenti – afferma Alessandra
Graziottin, Direttore del Centro di Ginecologia del San Raffaele Resnati di
Milano, che al dolore della donna ha dedicato la Fondazione che porta il
suo nome – ma che sono tabù per i medici: non esiste una cultura specifica per
affrontare il dolore sessuale in modo rigoroso e mirato e vi è una scarsa
attenzione a tutti quei disturbi “di genere” direttamente o indirettamente
correlati alla sessualità femminile e che spesso le donne faticano a
confessare. Trascorrono in media 6/7 anni prima di giungere a una diagnosi”. “È
necessario sviluppare tra i professionisti una nuova sensibilità – afferma il
Giorgio Vittori, presidente della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia
(SIGO) – per cogliere i “campanelli d’allarme” dall’infanzia (come la stipsi
ostruttiva o i disturbi minzionali) e dall’adolescenza per intervenire
precocemente. La nostra Società è fortemente impegnata nella lotta a questa
sofferenza”. Ma quali sono i segnali da non sottovalutare?
“La difficoltà ad
inserire il tampone interno, spesso dovuta non alla scarsa dimestichezza ma ad
un ipertono muscolare o a un imene troppo stretto o rigido – spiega la Graziottin -. E se la
“prima volta” circa i due terzi delle ragazze sente male, nelle occasioni
successive il dolore durante la penetrazione non deve più verificarsi. Anche
alcuni consigli pratici possono essere d’aiuto. Come indossare biancheria
intima di cotone bianco, preferire le gonne, usare protezione intima in fibre
naturali, detergenti a pH 5, non profumati. In caso di vulvodinìa (la
sensazione dolorosa cronica che interessa la regione vulvare), evitare esercizi
fisici che comportino un eccessivo sfregamento e frizione, come la bicicletta”.
“Scopo condiviso della Fondazione e della nostra Associazione è mettere al
centro della diagnosi di dolore la donna e le patologie che posso concorrere al
quadro clinico – aggiunge l’altro presidente del corso, il dr. Filippo Murina
Primo Referente Servizio di Patologia Vulvare dell’ Ospedale V. Buzzi e
Direttore Scientifico dell’Associazione Italiana Vulvodinia -.
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