Tamponi vaginali: sempre più utili contro le infezioni


Sul modello già applicato per la diagnosi delle infezioni delle vie aeree, pensiamo ai tamponi tonsillari, sia pure con un  meccanismo assai diverso, per le infezioni alle vie urinarie,  si è fatto strada sempre di più, al fine dell’individuazione tempestiva di un’eventuale infezione ginecologica nella donna, il tampone vaginale.

L’utilizzo dei tamponi vaginali è divenuto di routine nello studio di quelle malattie infettive cui la donna va incontro nel corso della propria esistenza e consente al medico di individuare l’agente infettivo coinvolto nell’infezione, escludendone altri ed il tipo di antibiotico che meglio di eventuali molecole diverse si oppone ad esso, ciò quando il tampone vaginale sia associato ad antibiogramma.

COSA E' UN TAMPONE VAGINALE

Di fatto si tratta di un bastoncino ovattato che introdotto in vagina preleva le secrezioni vaginali e consente, una volta esaminato in laboratorio se ci sono o meno infezioni in sede, appunto, vaginali. Spesso oltre al campione alla paziente vengono prescritte analisi più approfondite che non si limitano al tampone ma ad un prelievo ematico. 

La metodica è semplice e indolore, si preleva una piccola quantità di secrezione vaginale e la si fa ricadere su un vetrino, il contenuto prelevato si isola in laboratorio e lì, si aspetta che i batteri in esso contenuto si siano moltiplicati, una volta che siano note le colonie di batteri presenti queste si fanno interagire con famiglie diverse di antibiotici fino a trovare quello che prima e meglio di altri uccide i batteri.

In questo modo si evita il ricorso a molecole di antibiotici che non risulterebbero adatte all’infezione in atto cui la donna sia andata incontro, evitando anche la temibile resistenza verso quella o più molecola farmacologiche. Oltretutto e quest’ultima evenienza risulta quanto mai risolta con il tampone vaginale, con tale metodica è possibile scoprire l’eventuale presenza di un’eventuale germe silente che potrebbe albergare nella paziente senza presentare evidenti sintomi ma che rappresenterebbe tuttavia una eventuale spina irritativa per il sovrapporsi nel tempo di altre infezioni. Pensiamo alla clamidia, un agente patogeno spesso asintomatico ma che, alla lunga, può persino determinare sterilità di coppia.

UN CENNO ALLA CLAMIDIA

Parliamo di una patologia che si trasmette con i rapporti sessuali, per opera del batterio Clamidia Trachomatis. Anche la mamma può trasmettere tale patogeno, durante la gravidanza, al nascituro. Purtroppo la malattia, in assenza di accertamenti diagnostici passa inosservata in quanto, di norma, priva di sintomi, semmai, caratterizzata da modesti fastidi, per lo più bruciore vaginale. Laddove il batterio progredisse, l'infezione si conclama e con essa una vera e propria infiammazione a livello ginecologico, con irritazione vaginale, dolore, perdite ematiche dalla vagina, fino nei casi più impegnativi, un malessere genarale che include anche febbre, nausea, diarrea. L'infiammazione, se non curata, alla lunga può determinare sterilità. Ultima cosa, come visto parliamo di un'infezione che colpisce per lo più le donne. Ma, sia pure in più minima parte, anche l'uomo potrebbe soffrirne, o meglio, potrebbe patire un'infezione causata da Clamidia.









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