Lungi da noi l’idea di
trattare un disturbo importante come l’attacco di panico, in poche righe.
Tuttavia occorre ricordare che tale affezione, a dispetto di quanti ancora
credono si tratti di un modo di atteggiarsi del singolo, ovvero, un modo per
mettersi in mostra ed attirare verso di sé le attenzioni degli altri, colpisce
nella sola Italia un numero davvero impressionante di persone, ben dodici
milioni di individui all’anno e, per di più, parliamo di un numero destinato ad
aumentare e anche in maniera importante. Innanzitutto bisogna
distinguere la paura motivata da quella immotivata. Se ad esempio rischiamo di
scontrarci frontalmente con un’auto, nel momento in cui abbiamo schivato
l’ostacolo, è del tutto normale per qualche minuto restare impietriti, in preda
all’ansia, al panico per la sciagura sfiorata. Ben altra cosa è invece se la
stessa ansia, magari centuplicata, ci coglie in assenza di motivi validi che
possano giustificarla e, addirittura, si giunga al vero e proprio terrore di
non farcela, di non riuscire a superare il momento, perché certi di stare per
morire.
In questo caso è ovvio che
ci troviamo di fronte ad un’ansia apparentemente immotivata, ovvero, in quello
che si definisce disturbo di panico o attacco di panico, soprattutto quando una
prima crisi viene seguita da altre, così come, si parla dello stesso disturbo,
quando si vive con l’ansia che un altro attacco possa ripresentarsi a breve. Come si diceva il numero
di persone affette da questo disturbo in Italia è elevatissimo, le ultime
statistiche parlano di tre italiani su 100, un uomo ogni due donne. Ma c’è
dell’altro a complicare le cose. Ovvero, il numero sempre maggiore di pazienti
che si presentano al proprio medico, solitamente in prima battuta,
terrorizzati perché certi di essere ad un passo dal fine vita.
Troppi
le contrarietà che affliggono gli italiani
A rendere più difficile tutto ci si
mette la nostra quotidianità, teatro continuo di incertezze, timori per il
futuro, si guardi alla crisi economica, alla consapevolezza di non poter dare
un futuro decente ai propri figli, oppure a vivere nella certezza che tale
futuro è nero anche da giovani. Inoltre, basta guardare un qualsiasi
telegiornale per rendersi conto di come sia davvero divenuto arduo vivere al
giorno d’oggi. Il terrorismo internazionale, la malavita organizzata, le stragi
che qua e là si presentano all’occhio dello spettatore, la paura del diverso,
cui l’immigrazione spesso clandestina espone l’individuo con la paura che ciò
possa privarlo di quel poco o molto ha raggiunto, sono tutti fattori che
oggi, rispetto al passato, si sono così tanto accentuati che la persona non ha
avuto neanche il tempo di metabolizzare i cambiamenti e reagisce in maniera
inconsulta facendosi spesso sopraffare dall’ansia. Per non contare le ansie
del singolo, spesso egli stesso funestato da situazioni di vita difficili,
reduce da perdite economiche, oppure, afferenti la sfera affettiva, fin’anche
le stesse malattie organiche di cui
soffre, possono scatenare gli attacchi di panico. Insomma, gli ingredienti ci
sono tutti per capire perché il numero di pazienti affetti da uno o più
attacchi di panico sia cresciuto e crescerà a dismisura, tanto che l’Eurodap,
l’Associazione europea che indaga sul disturbo, ha stabilito che quest’anno di
attacchi di panico hanno sofferto 12 milioni di persone, mentre lo scorso anno
il numera non superava gli otto milioni.
Perché
una reazione tanto esagerata da parte dell’organismo?
Purtroppo ancora adesso,
la stessa scienza non è in grado di stabilire con precisione cosa si scatena
nel nostro organismo al punto da farlo andare in tilt. Tuttavia si tende a
pensare che una delle cause che stanno alla base dell’attacco di panico sia
proprio lo stress, magari accumulato e, attenzione, non tutto lo stress è
dannoso, anzi, a giuste dosi lo stress può persino considerarsi la molla che ci
fa andare avanti. Lo stress diventa dannoso quando è continuo, spesso associato
con l’ansia, insomma, uno stress cattivo che potrebbe essere imputato numero uno degli attacchi di panico. La moderna psicologia poi
ammette che negli attacchi di panico si celi una sofferenza lontana della
persona, spesso riconducibile all’età infantile e anche per questo più
difficilmente ravvisabile. Così come, se stress e ansia spesso camminano a
braccetto, quest’ultima potrebbe alla lunga ritenersi responsabile del disturbo,
come avviene con le fobie in generale, dalla claustrofobia all’agarofobia, rispettivamente
la paura immotivata per gli spazi angusti e per quelli aperti. Senza
considerare che anche l’attenzione eccessiva, quasi maniacale al proprio corpo,
con la paura di essere prima o poi funestati da qualche malattia, alla lunga,
soprattutto al sopraggiungere di una qualsiasi modificazione anche lieve dello
stato di benessere, possono aprire la strada agli attacchi di panico.
Insomma, una situazione
che chi ne è affetto dovrebbe risolvere quanto prima possibile, anche perché,
alla lunga, dopo continui attacchi di panico si corre davvero il rischio di
danneggiare anche gli organi sani che, nonostante le manifestazioni
apparentemente patologici, non presentavano malattia alcuna. Per non contare,
infine, che la stessa qualità della vita di chi soffre di attacchi di panico è
seriamente minata, non soltanto nella fase acuta del problema, ma anche nelle
fasi intermedie, con la paura di poter ricadere nel disturbo al punto che, ciò
che per una persona sana è ritenuto normale, per un paziente che soffra di attacchi
di panico è inquietante, a volte persino terrificante. Una gita in auto, ad
esempio, che potrebbe essere vissuta con gioia, per uno di questi pazienti è
sempre vista come foriera di un incidente stradale, magari dalle conseguenze
tragiche. Una strada con curve diventa per questi pazienti un incubo con la
loro certezza di finire fuori strada, per non parlare di una galleria, dove si
crede di non poter più uscire o un ponte, dove la paura di cadere nel vuoto è
tale e tanta da far loro arrestare il veicolo in marcia magari mettendo in atto comportamenti paradossali pur di
scappare da quel pericolo infondato.
Mi
sta arrivando l’attacco: come riconoscerlo, che fare?
Cominciamo col dire che la
paura, in generale, è del tutto normale, perché fa parte dell’essere umano e di
tutti i viventi. E’ stata la paura da sempre a preservarci dall’estinzione e se
ben gestita ci da la possibilità di districarci meglio dal pericolo. Il
problema è che nei soggetti a rischio attacco di panico, questa paura, spesso o
quasi sempre immotivata, finisce per paralizzarli. La conseguenza è che già
nella persona sana la normale paura è responsabile della secrezione di
adrenalina, quella che ci da la forza nelle situazioni di emergenza di
salvarci, ad esempio, liberando la strada prima che un’auto ci travolga con una
forza improvvisa e inaspettata. Nell’individuo invece affetto da attacchi di
panico, questa adrenalina è quasi sempre in circolo a fargli schivare paure che
lo stesso individuo inconsciamente s’è costruito dentro. Il risultato è che di
fronte ad una situazione spesso concreta, sia pure estremizzata, oppure, apparentemente
del tutto inesistente, in questi pazienti la scarica di adrenalina è continua
per almeno mezz’ora, con la conseguenza di andare incontro ad una violenta
tachicardia, sudorazione fredda, senso di soffocamento, dispnea, cuore in gola,
formicolio diffuso agli arti inferiori e superiori, vertigini, senso di
smarrimento. A peggiorare il tutto ci si mette anche la certezza, per questi
pazienti, di stare per morire, col risultato di moltiplicare l’ansia fino allo sfinimento.
Atteso poi che dopo un attacco la persona che l’abbia sofferto è davvero sfinita,
questo quando non comincia a ritenere possibile un successivo attacco e poi un
altro all’infinito.
Come si curano gli attacchi di panico
Curare un paziente affetto
da attacchi di panico non è sempre agevole. Il primo motivo è dovuto al fatto
che all’inizio la persona ritiene la sua una patologia organica e, dunque, la
riferisce al medico senza affrontare la situazione nel suo complesso come
dovrebbe avvenire. Successivamente il ricorso allo psicoterapia, per lo più
cognitivo comportamentale che dovrebbe indurre l’individuo a frenare l’ansia,
soprattutto nella consapevolezza di cominciare a conoscere i sintomi
dell’arrivo dell’attacco, non è detto che funzioni sempre al meglio e,
comunque, affinchè abbia successo, dovrebbe riuscire a scandagliare il vissuto
dell’individuo, cosa che richiede parecchio tempo. Ne deriva che l’approccio
migliore per questi pazienti sarebbe un trattamento medico in prima istanza,
soprattutto al fine di indagare eventuali patologie di cui la persona non sa di
soffrire e contestualmente affidarsi allo psicoterapeuta, anche perché, non è
escluso che si debba ricorre ai farmaci, per lo più ansiolitici la cui
prescrizione è solo di pertinenza medica.
Nell’immediato
invece che fare?
Ci si rende conto che è
molto più facile a dirsi che a mettere in atto una serie di comportamenti atti
a far superare il prima possibile le crisi. Ma non possiamo neanche pensare che
un attacco di panico per un individuo che ne soffra si tramuti in tragedia per
lui e per gli altri, ad esempio, se la crisi si presenta al volante. In questo
caso, è indispensabile fermarsi, ovviamente non dove capita, ad esempio, nel
bel mezzo di una galleria in mezzo alla strada, magari cercando di scappare
dall’auto. Bisogna invece avere la forza di fermarsi in condizioni di massima
sicurezza, cercando di rilassarsi e convincendosi che passato l’attacco tutto
tornerà alla normalità. Così come, bisogna anche imparare a riconoscere i
sintomi. Ciò per due motivi. In primis, ritenendo che si stia presentando un
attacco di panico senza per questo pensare di stare per morire, si risolve prima
la crisi. Il secondo, solo riconoscendo i sintomi è possibile abbandonare in
tutta sicurezza quelle attività che invece richiedono attenzione,
concentrazione. Ritorniamo all’esempio dell’auto… se si riconoscono i sintomi
ci si può fermare con largo anticipo evitando incidenti. Inoltre, durante il
periodo di trattamento, a meno che non siate consigliati da chi vi sta curando,
evitate tutte quelle situazioni che potrebbero scatenare un attacco e,
soprattutto, basta reticenze… se soffrite di attacchi di panico, parlatene con
chi vi sta accanto, ad esempio, in viaggio in auto, ciò eviterà che chi condivide
i vostri stessi spazi, al primo attacco, non sappia proprio come comportarsi!|
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