Depressione post partum: parliamone ancora




E torniamo a parlare di depressione post partum, una sindrome che colpisce tanto l'mmaginario collettivo, perchè appare, a prima vista, sicuramente contro natura, se solo si pensa che questo stato d'animo che in qualche modo è ascrivibile sia pure in casi rari a forme depressive a pieno titolo, avviene sovente proprio in quelle donne che non aspettavano altro che partorire il loro figlio o figlia. Ma alla fine di cosa stiamo parlando in concreto?

La depressione post-partum è una condizione caratterizzata da profonda tristezza, ansia e perdita di interesse su tutto ciò che un tempo, invece, suscitava grande interesse,  che può colpire le donne dopo il parto. Si manifesta tipicamente nelle prime settimane o mesi dopo la nascita del bambino, ma i sintomi possono durare più a lungo se non trattati. È importante distinguere la depressione post-partum dal "baby blues", una condizione più lieve e transitoria che colpisce la maggior parte delle neo-mamme. Diciamo che quest'ultima forma fa ritenere che la neo mamma si senta ancora frastornata di fronte al nuovo e impegnativo compito che la riguarderà dalla nascita del proprio figlio/a, in poi.

L’intervento del medico, se non addirittura dello specialista, è quanto mai richiesto laddove si vada facendo strada una vera e propria depressione post partum, spesso manifestasi a distanza di un paio di mesi e anche di più dal parto, dove l’umore nero, misto ad un atteggiamento di ansia paradossa ha il sopravvento sulla paziente. Del resto non a caso si parla di depressione una psicopatologia di grande impegno che non va mai sottovalutata.

Quando vi sia anche la più remota possibilità di essere di fronte ad uno stato conclamato di depressione post partum, non bisogna perder tempo e diventa imperativo categorico far intervenire gli specialisti del settore; l’evidenza dei frequenti fatti di cronaca che hanno avuto epiloghi tragici per mamma e bambino sono elementi che dovranno far riflettere seriamente sulla necessità di un intervento tempestivo da parte dei medici chiamati a curare la neomamma. Gli esperti sono fra l’altro concordi nel tracciare dei veri e propri campanelli d’allarme che non è possibile trascurare e che ben palesano come l’equilibrio psico-fisico della donna sia messo in pericolo di fronte ad atteggiamenti innaturali ed in comprensivi della madre.

«C'è una differenza qualitativa tra maternity-blues e depressione - spiega Enrico Smeraldi, psichiatra, primario presso la Divisione di Psichiatria dell'Ospedale San Raffaele di Milano - la tristezza, causata dalle oscillazioni ormonali dovute al parto, è un'alterazione naturale dello stato d'animo, mentre non è naturale un modo di pensare depressivo con pensieri che portano a considerare l'infanticidio».

Perché, sempre a parere degli studiosi, se la normale ansia di fronte al fagottino urlante fa parte sicuramente del normale procedere del delicato compito della mamma da poco alle prese con il figlio, ben altra cosa è assistere a vere e proprie angosce della madre nei confronti del piccolo, paralizzata come è dalla paura patologica di non poter assolvere a nessuna delle incombenze di cui necessità il proprio figlio, mista all’altra paura di poter far male al bambino al semplice contatto fisico. Si capisce bene che un atteggiamento del genere debba considerarsi sicuramente malato, ne deriva che quanto più tempestivo sarà il ricorso allo specialista, minori saranno i rischi di un atteggiamento inconsulto della paziente nei propri confronti o del neonato. Ed anche senza voler considerare i casi estremi culminati in vere e proprie tragedie, non si può neanche prescindere da un’altra evidenza, quella che fa coincidere un atteggiamento depresso della madre con un mancato sviluppo cognitivo del bambino,

In un contesto tanto delicato come quello assunto da tale patologia si è inserito il parere, in parte sorprendente, della Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo) e dell'Associazione Strade onlus hanno chiesto al ministro della Salute di applicare la procedura del Tso (Trattamento sanitario obbligatorio) extraospedaliero per le donne affette da depressione post-partum, a rischio di infanticidio. «Questa procedura consente di adottare limitazioni della libertà personale per ragioni di cura - spiega la Sigo - all'interno dell'abitazione del paziente. Un'equipe specializzata potrebbe occuparsi continuativamente 24 ore su 24 delle donne con comportamenti potenzialmente omicidi, tutelando così in maniera efficace sia la madre sia il figlio».

L'obiettivo è di far seguire alla prevenzione una presa in carico del problema da parte dei singoli professionisti, ma con alcune perplessità da parte degli psichiatri: «Il Tso è un provvedimento complesso che si adotta quando il paziente non accetta il trattamento, ma è impossibile da attuare a casa della puerpera - sostiene Smeraldi - sarebbe necessaria una gestione 24 ore su 24 per evitare che si manifesti il sintomo più grave della depressione che è l'infanticidio». Secondo l'esperto ciò che manca ancora è una collaborazione preventiva tra ginecologo, ostetrica e psichiatra: «Bisogna spostare l'ottica preventiva dal post-partum al pre-partum inserendo uno psichiatra nei corsi di formazione al parto, con gli strumenti per valutare il rischio nelle aspiranti mamme di sviluppare la depressione dopo la nascita del bambino».

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