Il
rischio di scambiare una normale inquietudine post partum per una depressione
vera e propria c’è tutto di fronte a donne che abbiano partorito da poco e che
manifestano un atteggiamento che stride non poco con il lieto evento tanto
desiderato. Da qui a sostenere però che tutte le neo mamme debbano essere
affette da depressione post partum, ce ne passa, visto che transitori disturbi
dell’umore, misti ad ansia e nervosismo, soprattutto nei primi giorni dall’evento,
sono perfettamente compatibili con lo stato di benessere e, semmai, tali stati
d’animo sono solamente accentuati da quei disordini ormonali che si manifestano
in concomitanza col parto.
L’intervento
del medico, se non addirittura dello specialista, è quanto mai richiesto
laddove si vada facendo strada una vera e propria depressione post partum,
spesso manifestasi a distanza di un paio di mesi e anche di più dal parto, dove
l’umore nero, misto ad un atteggiamento di ansia paradossa ha il sopravvento
sulla paziente.
Quando
vi sia anche la più remota possibilità di essere di fronte ad uno stato
conclamato di depressione post partum, non bisogna perder tempo e diventa
imperativo categorico far intervenire gli specialisti del settore; l’evidenza
dei frequenti fatti di cronaca che hanno avuto epiloghi tragici per mamma e
bambino sono elementi che dovranno far riflettere seriamente sulla necessità di
un intervento tempestivo da parte dei medici chiamati a curare la neomamma. Gli
esperti sono fra l’altro concordi nel tracciare dei veri e propri campanelli d’allarme
che non è possibile trascurare e che ben palesano come l’equilibrio
psico-fisico della donna sia messo in pericolo di fronte ad atteggiamenti
innaturali ed in comprensivi della madre.
«C'è una differenza qualitativa tra maternity-blues e depressione - spiega Enrico Smeraldi, psichiatra, primario presso la Divisione di Psichiatria dell'Ospedale San Raffaele di Milano - la tristezza, causata dalle oscillazioni ormonali dovute al parto, è un'alterazione naturale dello stato d'animo, mentre non è naturale un modo di pensare depressivo con pensieri che portano a considerare l'infanticidio».
Perché,
sempre a parere degli studiosi, se la normale ansia di fronte al fagottino
urlante fa parte sicuramente del normale procedere del delicato compito della
mamma da poco alle prese con il figlio, ben altra cosa è assistere a vere e
proprie angosce della madre nei confronti del piccolo, paralizzata come è dalla
paura patologica di non poter assolvere a nessuna delle incombenze di cui
necessità il proprio figlio, mista all’altra paura di poter far male al bambino
al semplice contatto fisico. Si capisce bene che un atteggiamento del genere
debba considerarsi sicuramente malato, ne deriva che quanto più tempestivo sarà
il ricorso allo specialista, minori saranno i rischi di un atteggiamento
inconsulto della paziente nei propri confronti o del neonato. Ed anche senza
voler considerare i casi estremi culminati in vere e proprie tragedie, non si
può neanche prescindere da un’altra evidenza, quella che fa coincidere un atteggiamento
depresso della madre con un mancato
sviluppo cognitivo del bambino,
In un
contesto tanto delicato come quello assunto da tale patologia si è inserito il
parere, in parte sorprendente, della Società italiana di ginecologia e
ostetricia (Sigo) e dell'Associazione Strade onlus hanno chiesto al ministro
della Salute di applicare la procedura del Tso (Trattamento sanitario
obbligatorio) extraospedaliero per le donne affette da depressione post-partum,
a rischio di infanticidio. «Questa procedura consente di adottare limitazioni
della libertà personale per ragioni di cura - spiega la Sigo - all'interno
dell'abitazione del paziente. Un'equipe specializzata potrebbe occuparsi
continuativamente 24 ore su 24 delle donne con comportamenti potenzialmente omicidi,
tutelando così in maniera efficace sia la madre sia il figlio».
L'obiettivo è
di far seguire alla prevenzione una presa in carico del problema da parte dei
singoli professionisti, ma con alcune perplessità da parte degli psichiatri:
«Il Tso è un provvedimento complesso che si adotta quando il paziente non
accetta il trattamento, ma è impossibile da attuare a casa della puerpera -
sostiene Smeraldi - sarebbe necessaria una gestione 24 ore su 24 per evitare
che si manifesti il sintomo più grave della depressione che è l'infanticidio».
Secondo l'esperto ciò che manca ancora è una collaborazione preventiva tra
ginecologo, ostetrica e psichiatra: «Bisogna spostare l'ottica preventiva dal
post-partum al pre-partum inserendo uno psichiatra nei corsi di formazione al
parto, con gli strumenti per valutare il rischio nelle aspiranti mamme di
sviluppare la depressione dopo la nascita del bambino».
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