martedì 30 maggio 2023

Malattie autoimmuni: occhio alla bilancia, l'obesità potrebbe essere una delle cause


 

Una delle ultime acquisizioni mediche riguardo il sovrappeso e l’obesità chiarisce che soggetti obesi sono più predisposti alla malattie autoimmmuni rispetto ai soggetti normopeso. E’ quanto riporta uno studio condotto dall’Università Federico II di Napoli .

Ricordiamo che le malattie autoimmuni sono quelle patologie dove il paziente accusa problematiche cliniche, a volte serissime, pensiamo alle più note, l’artrite reumatoide, il lupus eritematoso, il Morbo di Crohn, la stessa sclerosi multipla che avvengono quando il sistema immunitario scambia un organo sano come se non lo fosse e quindi lo attacca, scatenando tutta una serie di infiammazioni generalizzate sull’organo o sull’intero apparato. A seguito dello Studio condotto dall’Università napoletana si sarebbe visto che anche l’obesità potrebbe mettere in moto quel meccanismo che crea le condizioni verso la malattia autoimmune. E se consideriamo il numero di obesi nei Paesi ricchi e l’aumento anche dei malati affetti da patologie autoimmuni, si capisce bene che il nesso non dovrebbe essere difficile da comprendere.

Per giungere a questo risultato, L’università Federico II di Napoli, ha effettuato uno studio clinico su 120 pazienti affetti da sclerosi multipla. I ricercatori hanno provato a trattare questi pazienti in prima istanza diminuendo il loro apporto calorico in combinazione con un farmaco utilizzato contro le patologie autoimmuni (il dimetilfumarato). Il risultato è stato incoraggiante al punto che:

“In presenza di obesità e di conseguente sovraccarico metabolico, si osserva un iperfunzionamento del sistema immunitario in alcune persone, complici anche la genetica e di altri fattori ambientali” ha spiegato Giuseppe Matarese, ordinario di immunologia e patologia generale alla Federico II di Napoli. “Se riuscissimo a controllare questo sovraccarico metabolico potremmo, in parte, controllare e prevenire l'iperattivazione del sistema immunitario contro organi propri” ha aggiunto l’immunologo.

Ma lo stesso Studio scientifico ha sottolineato un altro problema associato all’esordio delle malattie autoimmuni. Con questo, ovviamente, non si vuole escludere né la predisposizione genetica, né quella familiare. Ad esempio si è ben visto che “sterilizzare” tutto, come vivessimo costantemente in una sala operatoria, ha effetti altamente negativi sulle persone. L’esposizione infatti ad ambienti troppo puliti: la cosiddetta «teoria dell'igiene» in ambienti con pochi germi, insomma, fin da quando si è piccoli, provochi un malfunzionamento del sistema immunitario perché «disallenato» a difendersi: contro batteri, germi, virus, funghi. Un po’ come se una squadra di calcio in prossimità di un mondiale nei ritiri anzicchè allenarsi occupasse il tempo a fare altro, col risultato che perderebbe le competizioni anche con squadre di dilettanti. Stessa cosa per il nostro sistema immunitario, più il sistema immunitario si allena precocemente contro batterigermi e virus più sarà abile nella riposta e nel controllo dell’infiammazione, inclusa quella delle malattie autoimmunitarie. Lo scarso allenamento immunologico, tipico per chi ha vissuto e continua a vivere in un ambiente con pochi germi, perché maniaco dell’igiene eccessiva, così come l’eccesso ponderale, ovvero, il sovrappeso e peggio ancora l’obesità, possono alterare la risposta dei linfociti T del sistema immunitario, favorendo l’accumulo di cellule infiammatorie e diminuendo i linfociti T coinvolti nei meccanismi di tolleranza immunologica e nella riparazione del danno d'organo.

“Se riuscissimo a controllare questo sovraccarico metabolico potremmo, in parte, controllare e prevenire l'iperattivazione del sistema immunitario contro organi propri” ha aggiunto l’immunologo. L’accuratro lavoro scientifico è stato pubblicato sulla rivista Science e ha quanto mai attratto l’attenzione di medici e altri ricercatori, anche per il fatto che il carico delle malattie autoimmuni nei Paesi occidentali, quindi anche in Italia, è 10-12% rispetto al 2-3% di 50 anni fa. “Se il nostro studio dimostrerà che la restrizione calorica associata alle terapie può migliorarne l’efficacia potremmo dare indicazioni concrete ai pazienti, su solide basi scientifiche, per interventi di fatto a costo zero
 ha concluso il professor Matarese.

Fonte : Science

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