Vitamina D e Alzheimer: Il Legame Che La Scienza Sta Svelando

Cervello e Vitamina D col suo ruolo protettivo

Torniamo a parlare di Vitamina D, che continuiamo a chiamare "vitamina" nonostante sia ormai noto che si tratta di un pro-ormone. È curioso che, nonostante una sequela di studi recentissimi, l'ultimo addirittura del 2023, molti medici continuino ad approcciare questo elemento di vitale importanza con aria di sufficienza. Spesso i valori ematici ottimali sono ancora ritenuti insufficienti e la vitamina è considerata alla stregua di un semplice integratore per la salute delle ossa.

Eppure, la Vitamina D non si limita al solo benessere osseo. Non andrebbe assunta solo per qualche mese in inverno o in caso di conclamato deficit, partendo dal presupposto che il sole sia l'unico erogatore. Questa idea trascura che l'esposizione al sole è spesso ostacolata dalle creme protettive e che segue il seguente processo

Sintesi della Vitamina D e Saturazione

La scienza conferma che l'organismo ha un sistema di auto-regolazione per impedire un eccesso di Vitamina D quando ci si espone al sole. Dopo circa 15-20 minuti di esposizione solare diretta (variabile a seconda del tipo di pelle e dell'intensità del sole), la sintesi di Vitamina D nella pelle raggiunge un punto di saturazione. A quel punto, il corpo non produce più Vitamina D, ma inizia a produrre altre molecole (dette fotoprodotti inattivi) che non possono essere convertite in Vitamina D. In questo modo, l'organismo evita un'overdose, a prescindere da quanto tempo tu rimanga al sole. Quindi l’organismo semplicemente smette di produrne altra una volta raggiunta la quantità ottimale, confermando l'idea che un'esposizione prolungata non porti a maggiori benefici.

Anche le modalità di assunzione sono cambiate. Le moderne acquisizioni scientifiche suggeriscono dosaggi giornalieri e non più mega-dosi ogni 15 giorni o un mese. Come abbiamo visto, l'assunzione dovrebbe essere accompagnata da magnesio, in diverse formulazioni, e ancora meglio, con la Vitamina K2, che veicola il calcio nelle ossa. Le proprietà della Vitamina D, però, non si esauriscono qui: ha anche una potente azione antiossidante e antinfiammatoria e riveste un ruolo nella prevenzione di vari tumori, come quello al seno. Tutti argomenti trattati nei nostri precedenti post sulla vitamina D.

La Nuova Frontiera: Vitamina D e Malattie Neurodegenerative

Ciò che ancora non si sapeva, e che è stato rivelato da studi recenti del 2022 e 2023, è il ruolo centrale della Vitamina D nella prevenzione delle malattie con matrice neurodegenerativa. Il pensiero va subito a demenza, declino cognitivo senile, Alzheimer, Parkinson e persino sclerosi multipla. A proposito di Alzheimer, altri studi scientifici notano una sua insorgenza sempre più precoce, in pazienti anche tra i 60 e i 65 anni. 

Una nota sulla Sclerosi Multipla - Lo Studio e la Sclerosi Multipla

Gli studi di Ghahremani et al. (2023) e di Shea et al. (2023) si sono concentrati principalmente sul legame tra Vitamina D, declino cognitivo e malattie come l'Alzheimer.

Tuttavia, esistono numerosissime ricerche scientifiche che da anni esplorano il ruolo della Vitamina D nella prevenzione e nella gestione della sclerosi multipla, con risultati molto promettenti. Quindi, anche se quelle specifiche fonti non includono la SM, le acquisizioni su questa vitamina nei confronti della SM sono valide e supportate dalla letteratura scientifica.

La Sclerosi Multipla è una Malattia Neurodegenerativa?

La sclerosi multipla è considerata una malattia neurodegenerativa, sebbene sia classificata anche come malattia autoimmune. All'inizio, la SM è caratterizzata da infiammazione e attacchi del sistema immunitario che danneggiano la mielina. Col tempo, però, questo processo porta a un danno neuronale e alla perdita di tessuto cerebrale, che sono le caratteristiche principali di una malattia neurodegenerativa. Le due componenti (autoimmune e neurodegenerativa) sono strettamente legate.

Come Agisce nel Cervello

Il ruolo della Vitamina D in queste manifestazioni neurodegenerative sarebbe duplice:

  1. Azione sui geni: Agisce sui geni difettosi.

  2. Pulizia cerebrale: Utilizzando la barriera ematoencefalica, cattura le proteine beta-amiloidi e le spazza via dal tessuto cerebrale. Questo è fondamentale, dato che l'accumulo di tali proteine è una delle cause principali delle malattie neurodegenerative.

Senza dimenticare il suo ruolo antinfiammatorio, che si estende anche al cervello, contrastando la neuroinfiammazione che di per sé può causare disordini cognitivi. Questa funzione si completa con la sua capacità di regolare i geni nucleari e di modulare la plasticità cerebrale. Per questo motivo, un suo utilizzo ponderato, sempre con l'assistenza di un medico, potrebbe offrire un utile strumento dopo eventi traumatici come ictus o altri incidenti vascolari. Infine, grazie alla sua capacità di regolare il calcio, è in grado di normalizzare i livelli di questo minerale a livello cerebrale, specialmente in condizioni patologiche.

Una Riflessione Finale

La riflessione che sorge spontanea è questa: com'è possibile che, anche di fronte a studi di questa portata, il mondo clinico non rivaluti l'importanza di una sostanza che non solo è indispensabile per la normalità, ma lo diventa ancor di più in presenza di una malattia grave o nella sua prevenzione?

FONTI:

  • Ghahremani M, Smith EE, Chen HY, et al. Vitamin D supplementation and incident dementia: Effects of sex, APOE, and baseline cognitive status. Alzheimers Dement (Amst). 2023.

  • Shea MK, Barger K, Dawson-Hughes B, et al. Brain vitamin D forms, cognitive decline, and neuropathology in community-dwelling older adults. Alzheimers Dement. 2023.

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