Per
quanto strano possa sembrare, stante i progressi in campo medico e scientifico,
ancora oggi, se ci riferiamo ai tumori e, dunque all’oncologia, molti errori
diagnostici o terapeutici vengono in buona fede compiuti dai medici in fase
prescrittiva, al punto che almeno un errore su due è da ascriversi a questo
importante momento della cura della malattia.
A
renderlo noto uno studio effettuato dall’Ospedale Cardarelli di Napoli e
presentato ad Arezzo in occasione del Forum sul Risk Mnagement in Sanità. Per
giungere a tale risultato si è osservato quanto avvenuto a 315 pazienti sulla
base di almeno 614 errori riscontrati.
La metà degli errori in campo
oncologico, fanno sapere gli esperti, avviene in fase prescrittiva dove si
assiste a quasi 15 errori su cento quando si procede a riportare la terapia e
ciò capiterebbe perché il medico non ha segnato la cura direttamente in
cartella clinica, limitandosi a somministrare i farmaci al paziente.
"Ma i 'record' relativi a questi malati - % - spiega Claudio Clini, della Fondazione Tor Vergata - sono oltre mille, il che significa che la percentuale di errore si attesta comunque attorno al 7-8%, dunque non differisce dal dato statunitense, ad esempio". Nel reparto di chirurgia oncologica dello stesso ospedale, invece, il 36,4% degli errori è legato a doppio filo alla prescrizione delle cure, il 35,5% alla somministrazione, il 21,5% alla preparazione delle terapie (21,5%), il 6% alla loro trascrizione. I dati emergono da un focus contenuto nello stesso studio ma condotto su 84 pazienti del reparto di chirurgia oncologica.

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