Chi, suo malgrado, è costretto a sottoporsi a trattamenti con chemioterapia
antiblastica per la cura di una neoplasia, sa bene
quanto, nonostante gli sforzi fino ad adesso compiuti, sia difficile sopportare
queste cure senza andare incontro ad un effetto avverso come quello
rappresentato dalla nausea e soprattutto dal vomito. Si sono
fatte fino adesso tante ipotesi per meglio giustificare il disturbo che a volte
è tanto grave da compromettere la vita del paziente stesso e si è giunti alla
conclusione che una delle possibile cause che giustificano il vomito
incoercibile del paziente neoplastico in trattamento chemioterapico è la
carenza di carnitina.
La carnitina (L-carnitina), disponibile in commercio sotto forma di acetil-L-carnitina, è una sostanza assunta con la dieta (presente nelle carni e nei prodotti caseari) o sintetizzata dal nostro organismo nel fegato e nei reni a partire da due aminoacidi (lisina e metionina) in presenza di vitamina B6, vitamina C e ferro. Il ruolo della carnitina nel nostro organismo è quello di legarsi e permettere il passaggio degli acidi grassi (sotto forma di acetilCoA-carnitina) attraverso le membrane dei mitocondri, rendendoli così disponibili per la beta-ossidazione.Poiché la carnitina facilita il passaggio dei lipidi a catena lunga all’interno dei mitocondri e poiché l’ossidazione dei lipidi produce energia, si è ipotizzato che l’assunzione di carnitina potesse migliorare le prestazioni. (http://www.albanesi.it/Alimentazione/carnitina.htm).
La scoperta è importante, poiché spiana la strada a nuovi impieghi che
possono attuarsi con questa importante sostanza eventualmente da somministrarsi
contestualmente alla chemioterapia antiblastica. Le ricerche
per giungere a tanto sono state condotte dal farmacologo e oncologo
sperimentale egiziano Mohamed M. Sayed-Ahmed, in Italia per due letture del
ciclo ‘Medicina della Complessità’ a cura di Fondazione Sigma-Tau all’Istituto
superiore di sanità di Roma e il 4 novembre all’università di Brescia.
Si è infatti osservato che alcuni fra i più importanti antitumorali
somministrati come doxorubicina, cisplatino, carboplatino, ciclofosfamide e
ifosfamide, come riferito da Mohamed M. Sayed-Ahmed, “interferiscano con
l’assorbimento, la sintesi e il rilascio di carnitina nei tessuti non tumorali,
inducendo in questi una sua carenza, curabile somministrando carnitina ai
pazienti senza peraltro diminuire, dato importantissimo, l’efficacia delle
terapie antitumorali stesse”.
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