giovedì 12 aprile 2012

Tumori: ecco come arrestare il vomito causato dalla chemio



Chi, suo malgrado, è costretto a sottoporsi a trattamenti con chemioterapia antiblastica per la cura di una neoplasia, sa bene quanto, nonostante gli sforzi fino ad adesso compiuti, sia difficile sopportare queste cure senza andare incontro ad un effetto avverso come quello rappresentato dalla nausea e soprattutto dal vomito. Si sono fatte fino adesso tante ipotesi per meglio giustificare il disturbo che a volte è tanto grave da compromettere la vita del paziente stesso e si è giunti alla conclusione che una delle possibile cause che giustificano il vomito incoercibile del paziente neoplastico in trattamento chemioterapico è la carenza di carnitina.

 La carnitina (L-carnitina), disponibile in commercio sotto forma di acetil-L-carnitina, è una sostanza assunta con la dieta (presente nelle carni e nei prodotti caseari) o sintetizzata dal nostro organismo nel fegato e nei reni a partire da due aminoacidi (lisina e metionina) in presenza di vitamina B6, vitamina C e ferro. Il ruolo della carnitina nel nostro organismo è quello di legarsi e permettere il passaggio degli acidi grassi (sotto forma di acetilCoA-carnitina) attraverso le membrane dei mitocondri, rendendoli così disponibili per la beta-ossidazione.
Poiché la carnitina facilita il passaggio dei lipidi a catena lunga all’interno dei mitocondri e poiché l’ossidazione dei lipidi produce energia, si è ipotizzato che l’assunzione di carnitina potesse migliorare le prestazioni. (http://www.albanesi.it/Alimentazione/carnitina.htm).
La scoperta è importante, poiché spiana la strada a nuovi impieghi che possono attuarsi con questa importante sostanza eventualmente da somministrarsi contestualmente alla chemioterapia antiblastica. Le ricerche per giungere a tanto sono state condotte dal farmacologo e oncologo sperimentale egiziano Mohamed M. Sayed-Ahmed, in Italia per due letture del ciclo ‘Medicina della Complessità’ a cura di Fondazione Sigma-Tau all’Istituto superiore di sanità di Roma e il 4 novembre all’università di Brescia.
Si è infatti osservato che alcuni fra i più importanti antitumorali somministrati come doxorubicina, cisplatino, carboplatino, ciclofosfamide e ifosfamide, come riferito da Mohamed M. Sayed-Ahmed, “interferiscano con l’assorbimento, la sintesi e il rilascio di carnitina nei tessuti non tumorali, inducendo in questi una sua carenza, curabile somministrando carnitina ai pazienti senza peraltro diminuire, dato importantissimo, l’efficacia delle terapie antitumorali stesse”.


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