La frutta secca piace agli italiani, lo dimostra il dato
quando ci indica che ammonta a 405 milioni di euro il fatturato relativo alle
vendite di tali prodotti nel nostro Paese nell’ultimo anno.
Sulle qualità ed i benefici della frutta secca sull’organismo
non ci sono dubbi, anche se, su questo prodotto si allungano ombre sinistre ed
allarmanti che ci devono quanto mai interrogare sulle quantità da assumere
relativamente a questi alimenti. Infatti, l’Unione Europea ha raddoppiato la quantità di
aflatossine ammesse per la commercializzazione di fatto passate da 4 a 10 micogrammi per ogni
chilogrammo di frutta secca stoccata. Perché si è giunti a ciò?
Per colpa della nostra golosità, siamo tanto ghiotti infatti
di arachidi, pistacchi, noci e mandorle che non riusciamo più a soddisfare il
nostro fabbisogno ricorrendo al solo mercato interno europeo e dobbiamo di
conseguenza ricorrere a quello extracomunitario, ma quest’ultimo ammette una
quantità di aflatossine di gran lunga maggiore rispetto a quanto previsto
dall’Unione Europea che ha dovuto dilatare detto limite. Da parte sua l’Unione Europea minimizza il rischio relativo
ad un maggiore consumo di aflatossine, a tranquillizzarci ci pensa l’EFSA,
ovvero, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare ,
ma non deve essere molto convincente neanche con se stessa l’EFSA, se poi
raccomanda il più possibile di consumare quantitativi modici di prodotti che
contengano aflatossine, sostanze ritenute cancerogene. Il consiglio?
Secondo Altroconsumo che ha curato l’inchiesta,
“ non bisogna fare un uso quotidiano di
frutta secca, semmai sgranocchiarla ogni tanto ed evitare di acquistare
prodotti provenienti da Paesi extracomunitari… “ che commercializzano
frutta secca a maggiore contenuto di aflatossine.
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