Si parla meno di Aids, fatto questo che
potrebbe anche tranquillizzarci, ma purtroppo se oggi si parla molto meno di un
tempo del virus Hiv non è solamente dovuto al fatto che, indubbiamente la
scienza medica ha fatto importanti passi avanti nella terapia della grave
malattia, lo si fa, probabilmente, perché pensiamo, come per incanto, di
esserci liberati dalla patologia infettiva che sicuramente conosciamo meglio di
un tempo ma ciò non significa che l’Aids sia scomparso, tutt’altro, a riprova
di come il fenomeno sia presente in tutta la sua gravità, lo dimostra il numero incredibilmente alto di donne
sieropositive. Proprio la constatazione dell’elevato
numero di donne sieropositive, se ne contano 50 mila solo in Italia ed è un
numero in difetto, ci palesa un'altra faccia della grave patologia, quella di
essere ubiquitaria nei due sessi, eppure, nell’immaginario collettivo siamo più
indotti a ritenere gli uomini i soggetti più esposti al virus che le donne e
questo è un grave errore che continuiamo, sia pure inconsapevolmente, a fare.
Ma c’è da aggiungere anche un altro aspetto
per nulla secondario e che in qualche modo si rifà alla conta delle pazienti
sieropositive, come detto, calcolate per difetto e sotto quest’aspetto le
motivazioni sono tantissime, a partire dalla ritrosia della donna a doversi
confrontare col partner ammettendo il suo stato, per non parlare che sperare
che una sieropositiva ammetta a parenti o colleghi di lavoro il proprio stato è
un’altra chimera, ciò nonostante le agevolazioni che la Legge concede alle donne
lavoratrici che in qualche modo abbiano avuto a che fare con la patologia.
permessi per malattia o richiesta di l'invalidità. Per non parlare poi del
desiderio di maternità, che in molti casi rimane un sogno che viene riposto nel
cassetto.
Quello che colpisce di più, comunque, è
come avviene l'infezione. «In quattro donne sue dieci» sostiene Antonella
D'Arminio Manforte, del centro Malattie infettive del San Paolo di Milano
«le donne vengono contagiate dal partner abituale, e nel 37% dei casi sono
anche a conoscenza della sua sieropositività» C'è quindi bisogno di un nuovo
approccio culturale e clinico alla malattia, che troppo spesso vede il sesso
"debole" emarginato e stigmatizzato ancor più di quanto avviene nel
maschio. «Si potrebbe iniziare coinvolgendo più donne nei trial per la
sperimentazione dei nuovi farmaci» ci tiene a precisare D'Arminio Manforte.
«Oggi, soltanto il 30% dei soggetti inseriti nei programmi di ricerca è
composto da donne».
Come si vede manca una casistica precisa
che quantifichi l’esatto numero di donne sieropositive in Italia ma,
soprattutto, dall’evidenza dei fatti, si comprende un altro dato sconvolgente,
ovvero, la donna sieropositiva molto spesso lo diviene per colpa del proprio
partner, eppure preferisce tacere, così come molte donne fanno,quando il
proprio partner le tradisce!
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