Sono circa diecimila i bambini che in Italia sono affetti da Autismo, una patologia caratterizzata da particolari sintomi quali, l’iperattività, l’autolesionismo, gli attacchi di ira, l'impulsività, la scarsa concentrazione ed a volte persino il ritardo mentale. La diagnosi di autismo, pur essendo questa una condizione quasi sempre congenita, non avviene quasi mai prima del secondo ed a volte, terzo anno di vita del bambino quando, i genitori accortisi dei comportamenti anomali del proprio figlio che manifesta la tendenza sempre più marcata ad isolarsi, oppure, la difficoltà a parlare, oltre ad un comportamento sicuramente in generale anomalo, si rivolgono allo specialista. Ma adesso qualcosa sembra cambiare ai fini del trattamento terapeutico di questi pazienti.
Che l'autismo sia una patologia complessa e penosa per i soggetti affetti e per i loro familiari non ci sono dubbi, tant’è che la scienza si adopera affinchè si possa entrare nei “segreti” della malattia al fine di utilizzare inediti approcci terapeutici da applicarsi fin dall’esordio della patologia. Una buona notizia in tal senso ci giunge dall’Istituto di neuroscienze del CNR di Milano che ha condotto recenti studi scientifici che sono stati pubblicati su Journal Biological Chemistry e Human Molecular Genetics e finanziati anche da Telethon e Regione Lombardia, volti a capire le cause che determinano l’insorgenza di tale patologia nella speranza di trovare approcci terapeutici mirati.
Di che si tratta
“Numerose patologie del sistema nervoso centrale, tra cui l’autismo, possono essere causate da alterazioni funzionali e morfologiche a carico delle spine dendritiche e delle sinapsi del circuito cerebrale”, spiega Carlo Sala, ricercatore dell’In-Cnr di Milano. “Sono stati selezionati due geni, IL1RAPL1 (Interleukin-1 Receptor Accessory Protein Like 1) e SHANK3 (SH3 domain and ANKyrin repeats), entrambi essenziali al corretto funzionamento dei circuiti cerebrali e dunque alla base della nostra capacità di pensare, imparare e socializzare, ma anche causa certa di autismo e ritardo mentale in caso di mutazione genetica”. I neuroni sono cellule nervose atte a ricevere e trasmettere il segnale nervoso e per farlo si avvalgono di formazioni cosiddette dendriti, particolari strutture che culminano con aree specifiche denominate spine poste nei prolungamenti dei dendriti stessi.
“Numero e struttura di spine dendritiche e sinapsi sono alla base dei processi di apprendimento e mnemonici; varie patologie del sistema nervoso centrale, tra cui l’autismo, possono essere causate da loro alterazioni funzionali e morfologiche”, specifica Chiara Verpelli, ricercatrice dell’In-Cnr di Milano. “I geni mutati che stiamo studiando, IL1RAPL1 e SHANK3, codificano per proteine localizzate proprio a livello delle spine, regolando la formazione e il mantenimento della funzionalità delle sinapsi neuronali, e sono stati identificati da noi e da altri laboratori come prototipi della patologia. Gli studi pubblicati hanno caratterizzato i difetti sinaptici indotti dalle mutazioni di IL1RAPL1 e SHANK3 e dimostrato, almeno in vitro, che un farmaco sperimentale è in grado di riparare il danno funzionale causato dalla mutazione del gene SHANK3. Bisogna ora capire meglio dove, come e quando è avvenuta l’alterazione da noi studiata. La speranza è di poter arrivare a strategie terapeutiche comuni applicabili all’uomo nelle forme di autismo che colpiscono le sinapsi”.
Purtroppo la molteplicità funzionale dei geni identificati non consente ancora di teorizzare una strategia terapeutica comune a tutti i casi di autismo. “Studi recenti”, prosegue Carlo Sala, “hanno mostrato una patogenesi genetica in un crescente numero di bambini affetti da disturbi autistici, evidenziando una diretta connessione tra manifestazioni autistiche e delezioni (assenza di un tratto cromosomico), mutazioni e particolari variazioni polimorfiche di un numero crescente di geni. L’identificazione precoce dell’autismo aprirebbe la via a trattamenti terapeutici laddove i processi di sviluppo neuronale possano ancora venire in parte modificati”.
Fonte: Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (In-Cnr) di Milano
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