In
Italia si verificano qualcosa come 200 mila nuovi casi di ictus,
una condizione clinica grave in grado di evolvere infaustamente in
breve tempo. Parlando di ictus ci riferiamo a quella manifestazione
patologica conseguenza di un’ostruzione di un vaso con relativo
mancato afflusso di sangue e ossigeno nel distretto interessato, per
lo più cerebrale. Le conseguenze sono variabili perché dipendenti
da diversi fattori, primo fra tutti, l’area ischemica che ha subito
l’insulto, così come importante è anche l’eventuale
impossibilità che il sangue abbia avuto di irrorare i tessuti dopo
un primo fatto ischemico. Il risultato è che in Italia i decessi per
ictus o per le conseguenze di esso, si collocano come terza causa di
morte, dopo gli infarti,
annoverando tutte le patologie cardiovascolari e i tumori.
Ma c’è anche di più. Nel nostro Paese, a causa dell’ictus,
un numero imponente di pazienti resta invalido in maniera permanente,
al punto che gli ictus rappresentano la prima causa di invalidità
Chi colpisce l’ictus
Come abbiamo visto l’ictus può colpire chiunque e a
tutte le età. Resta però il fatto che, generalmente, interessati al problema
sono per lo più le persone di età superiore ai 65 anni, ciò potrebbe riguardare
75 anziani su cento, il restante 15% dei pazienti può essere colpito anche
prima della soglia dei 65 anni. Gli uomini sono più esposti delle donne a tale
condizione clinica, così’ come, intorno agli 85 anni d’età, il rischio di
incorrere in un ictus si eleva in modo significativo.
Siamo soliti considerare l’ictus in una sola forma ed
invece, potendo verificarsi un’ostruzione che impedisce al sangue di veicolare,
in distretti diversi dell’organismo, è più corretto classificare tale
condizione in almeno tre tipologie che si differenziano per sintomatologia,
età, sesso e prognosi.
E’ la forma più diffusa. In questo caso a seguito di
un’ostruzione a carico di un vaso si è determinata una sofferenza dei tessuti
andati incontro alla mancata irrorazione ematica e dunque un’ischemia, ovvero,
una mancanza temporanea o definitiva di sangue e relativo ossigeno a danno di
un tessuto. E’ la forma più diffusa che riguarda per lo più il sesso maschile,
senza pensare assolutamente che quello femminile ne sia esente e, generalmente,
è più frequente oltre i 70 anni d’età.
Almeno due casi su dieci di ictus
è ascrivibile a questa forma che privilegia ancora una volta gli uomini e si
palesa in soggetti adulti. Tale forma generalmente è causata da una emorragia
intraparenchimale, ovvero, nel tentativo effettuato dall’organismo di liberarsi
dall’ostruzione, questa ha determinato una rottura di un vaso con relativa
fuoriuscita di sangue. E’ più noto come emorragia cerebrale che è generalmente
causata dall’ipertensione arteriosa.
Emorraggia
subaracnoidea
Un’altra forma di ictus è
rappresentata dalla cosiddetta emorragia sub aracnoidea, che tende a privilegiare
le donne e, comunque non solo loro, intorno ai 50 anni d’età e dopo la
menopausa. Tale condizioni patologica tuttavia è più complessa annoverando in
essa anche situazioni patologiche afferenti ad aneurismi cerebrali ed in questo
caso l’età di insorgenza per entrambi i sessi si abbassa anche di molto,
potendovi ricorrere entrambi intorno ai 35 fino ai 65 anni d’età, ricordando
che cinque pazienti su cento che siano andati incontro ad un’emorragia sub
aracnoidea potrebbe essere affetto da un aneurisma.
L’aneurisma è una condizione
clinica che denuncia un difetto congenito della parete arteriosa che in quel
tratto appare più debole e che a lungo andare, soprattutto in presenza di
continui rialzi pressori, può rompersi improvvisamente determinando la fuoriuscita
di sangue che, a livello cerebrale finisce con l’invadere il cervello
comprimendolo e determinandone la perdita della sua funzione fisiologica e, di
conseguenza, determinando nel paziente la morte, spesso improvvisa, o il coma.
Lo stesso effetto, ma per cause diverse, si può avere quando la mancata
irrorazione del cervello avviene a causa di un’ emorragia che si sia verificata
a carico di un vaso ma che abbia determinato per il cervello una mancata
irrorazione sanguigna.
La
prevenzione
Non esiste un’ “arma” in grado di
prevenire in toto gli ictus. Esistono invece forme di prevenzione basate anche
su stili di vita adeguati che possono da una parte prevenire l’evento,
dall’altra limitarne gli effetti. Senza addentrarci troppo in questo argomento,
ricordiamo che l’attenzione alla pressione arteriosa attivandosi affinchè non
si alzi, è già un’ottima arma a disposizione per prevenire l’ictus. Stessa cosa
vale per il controllo della glicemia, atteso che il diabete è causa indiretta
di questo tipo di eventi patologici, considerato che le malattie metaboliche,
diabete in testa, sono causa di accumuli nel tempo di colesterolo che va a
depositarsi a livello cerebrale riducendo il lume di quei vasi che portano
sangue al cervello. Stress, fumo, eccesso di alcol, sono fattori di rischio
importanti di ictus e malattie correlate.
Riconoscere
un ictus
In presenza di un ictus, o ancor
meglio, al sopraggiungere di un tale evento, esistono segnali precisi che i
medici conoscono bene tant’è che un errore diagnostico in questi casi è
limitato al 5% dei casi. Ma ognuno di noi può essere in grado di interpretare
su di sé o sugli altri il sopraggiungere di un ictus. Farlo per tempo è
determinante ai fini delle terapie da adottare, stante l’importanza basilare
della tempestività delle cure, considerato che un paziente in preda ad un ictus
sul quale si sia intervenuto entro le tre/sei ore, ha più possibilità di
riprendersi sia pure residuando reliquati, a seconda della gravità dell’ictus.
Così come soltanto con una diagnosi quanto più immediata e relativo trattamento
è possibile, pur con i limiti dettati dalla gravità della situazione,
scongiurare l’eventualità di un decesso. Ciò per dire, che di fronte ad un
sospetto anche remoto che si stia verificando un ictus, è necessario rivolgersi
presso un centro medico, per lo più Pronto Soccorso, nel minor tempo possibile.
Ciò vale anche in quei casi in cui i sintomi siano sfumati.
L’ictus si manifesta così
Occorre una precisazione. Nonostante vi sia una
sequela si sintomi ben precisi che potrebbero ascriversi all’insorgenza di un
ictus, sono presenti a volte sintomi più sfumati che pur non presentando in
toto le caratteristiche dell’evento, potrebbero anticiparne l’esordio. Di
norma, però, un paziente in preda ad un attacco ischemico si presenta con segni
plateali che occorre conoscere. Non serve ritenere necessario ricordare cinque,
sei sintomi insieme per pensare ad un ictus. A volte, uno o due sintomi sono
sufficienti per poter immaginare il sopraggiungere dell’evento
Difficoltà a farsi capire
In medicina si definisce disartria la condizione che è
anche dell’afasia e che si manifesta con disturbi del linguaggio del paziente.
Tali disturbi sovente si presentano improvvisamente e constano nella difficoltà
a pronunciare le parole, fatto questo che va peggiorando al trascorrere del
tempo, tale difficoltà si accentua anche nell’articolazione di un periodo
verbale e chi ascolta avverte le parole percepite come biascicate fino a
divenire incomprensibili.
Il paziente in preda ad un ictus ha difficoltà sempre
più marcate a comprendere ciò che gli state chiedendo. Oltretutto, durante la
crisi, perde l’orientamento e la cognizione del tempo.
Spesso il malato accompagna o meno ai sintomi di cui
sopra anche evidenti difficoltà di tipo sensoriale caratterizzate dalla perdita
di sensibilità al braccio, e/o alla mano e/o alla gamba e/o al piede sinistro o
destro, aggravati sovente dalla intervenuta debolezza muscolare che gli
impedisce di muovere l’arto.
Attenzione anche ad un mal di testa improvviso e di
intensità elevata o, addirittura elevatissima. Anche questo può essere un
sintomo, anche singolo, del sopraggiungere di un ictus.
Difficoltà della visione, perdita di equilibrio
Il paziente riferisce di non vedere bene oggetti di
fronte a lui. Tale evenienza è per lo più improvvisa e tende ad aggravarsi di
lì a poco. Se è vero che la visione
confusa di ciò che sta attorno al paziente e generalmente circoscritta ad un solo
occhio, vero è anche che, stante l’evolversi della sintomatologia, non è
escluso che la persona vittima di un ictus, soffra di un’alterazione della
visione a carico di entrambi gli occhi.
Capogiri, vertigini, senso di nausea, perdita
dell’equilibrio, svenimenti sono sintomi importanti che spesso si sovrappongono
a quelli appena visti.
Fino ad un trentennio fa di fronte ad un TIA si
tendeva a sottovalutare l’evento prevedendo per il paziente il riposo assoluto
per qualche settimana e la somministrazione di farmaci dell’epoca che spesso
aggravano la situazione. Oggi il TIA (Transient Ischemic Attack) è ritenuto un
evento tutt’altro che secondario, anche se nella pratica spesso tende a
risolversi senza lasciare particolari strascichi nel paziente.
Un TIA ha caratteristiche, in ambito ai sintomi, in
qualche modo sovrapponibili all’ictus ed infatti viene definito piccolo ictus causato da un transitorio
evento ischemico, ovvero, una momentanea mancanza di sangue al cervello causata
da diversi fattori, come può essere una piccola ostruzione arteriosa a livello
cerebrale. Ciò che differenzia il TIA dall’ictus è spesso l’individuazione di
un numero di sintomi minori cui va incontro il paziente, così come sovente i
sintomi sono meno marcati e dunque più sfumati e di difficile comprensione sia
per il malato che per chi gli sta accanto. Ciò tuttavia non deve autorizzare
nessuno ad assumere un comportamento più blando nei confronti di una tale evenienza.
Ciò in quanto è ormai assodato che un TIA è quasi sempre l’anticamera di un
ictus anche devastante e non solo. Recenti studi hanno ritenuto che le
possibilità che un paziente in preda ad un TIA vada incontro ad un ictus entro
le ventiquattr’ore o entro un anno dalla prima crisi, siano elevatissime.
Le cose da fare sono pochissime ma imprescindibili,
sia di fronte ad un ictus che di fronte ad un Tia, sia che ad essere colpiti sia
lo stesso paziente che magari sia solo al sopraggiungere dell’evento, sia che si
tratti di altre persone che gli stiano accanto. La prima cosa è non perdere
tempo e chiamare il 118, senza però allarmare con comportamenti inconsulti o
scomposti il paziente. Sarà l’equipaggio dell’ambulanza a decidere il reparto
più idoneo dove trasferire il malato. Non perdere tempo significa anche non
indugiare con provvedimenti empirici quale ad esempio, consigliare l’assunzione
di bevande zuccherate, l’assunzione di posizioni del corpo ritenute più agevoli
etc. E’ sempre indispensabile il ricovero anche in quei casi apparentemente
meno gravi. Se invece il paziente è solo in casa e avverte il sopraggiungere di
una di queste manifestazioni patologiche, dovrà rintracciare immediatamente i
soccorsi ed al contempo, chiedere l’aiuto di un vicino, ad esempio, affinchè
possa agevolare l’arrivo dei soccorsi. Da ricordare che il 118 va chiamato
immediatamente senza augurarsi che i sintomi migliorino. Ciò perché, di fronte
ad una sintomatologia che preluda l’arrivo di un ictus, il rischio è quello di
perdere conoscenza e di non essere più in grado di allertare alcun soccorso!
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