C’è qualcosa che non va nel tè al
fluoro, parrebbe infatti che tale bevanda, proprio perchè arricchita di questo elemento
faccia male alla salute. Lo avrebbe stabilito uno studio
condotto da Gary Withford, della School of Dentistry di
Augusta negli USA, che avrebbe osservato su quattro suoi
pazienti una palese patologia come la fluorosi scheletrica, ovvero, una
deposizione anomala di fluoro nelle ossa che le danneggiava. Oltretutto una
malattia del genere in America è pressocchè sconosciuta.
Si trattava di stabilire la
motivazione che stava alla base di quella condizione patologica. Dopo diverse
indagini si è potuto stabilire senza alcun indugio che la causa di tutto risiedeva nell’alta assunzione, da parte di quelle quattro persone, di te addizionato con
fluoro, consumato, oltretutto in altissima misura da parte di quei pazienti. Si trattava nello
specifico della pianta del te, la Camelia Sinensi che nelle foglie ha una
concentrazione elevatissima di fluoro, addirittura fino a 1.000 milligrammi per
chilo di foglie che, una volta triturate e fermentate, rilasciano l’elemento
nella bevanda.
Lo scienziato per giungere al risultato ha utilizzato un tipo di
misurazione diversa, rispetto a quelle effettuate fino ad oggi, scoprendo che
rispetto ai vecchi metodi, con i nuovi accorgimenti si rileva che la quantità di fluoro risulta aumentata fino a quasi tre volte e mezzo, rispetto alle misurazioni
tradizionali. Si tratta comunque di livelli relativamente
bassi, commenta lo scienziato, che non devono spaventare i bevitori “normali”
di tè.
Il problema sussiste solo per chi ne fa un uso davvero eccessivo e per
periodi estremamente prolungati (più di dieci anni). In ogni caso la regola è
la moderazione,Whitford ha presentato i dati alla conferenza dell’Associazione
Internazionale di Ricerca Dentistica del 2010 tenutasi a Barcellona.
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