Quando
parliamo di gonorrea sappiamo a cosa ci riferiamo, ovvero, ad una malattia a
trasmissione sessuale, abbastanza diffusa ma che è possibile stroncare con il
ricorso agli antibiotici. Eppure questa nostra consapevolezza potrebbe essere disattesa fra qualche tempo…Parrebbe
infatti che il batterio responsabile della gonorrea sarebbe divenuto resistente
agli antibiotici. Stiamo parlando del batterio “neisseria gonorrea”, noto anche
come HO41 che avrebbe subito un processo di mutazione che lo renderebbe
insensibile all’azione delle cefalosporine, gli attuali antibiotici usati per
debellarlo. Un po’ come accaduto con il batterio killer che in Germania quelche tempo fa costò la vita a diversi pazienti.
Lo
sosterrebbero scienziati del laboratorio di svedese di
ricerca sulla gonorrea, i quali dichiarano che...
«Si tratta di una scoperta allarmante e prevedibile», spiega Magnus Unemo, del laboratorio svedese. «Da quando gli antibiotici sono diventati trattamenti standard per la gonorrea dagli anni '40, questo batterio - prosegue - ha mostrato una notevole capacità di sviluppare meccanismi di resistenza a tutti i farmaci introdotti per controllarlo. Anche se è ancora troppo presto per valutare se questo nuovo ceppo è diventato diffuso, la storia di nuove resistenze emergenti nel batterio suggerisce che può diffondersi rapidamente, a meno che non vengano trovate farmaci e terapie efficaci».
Dunque
che fare? Gli scienziati puntano il dito sulla prevenzione per una malattia che
non ha età e che diverrà difficile da trattare nei prossimi cinque anni.
Oltretutto, stiamo parlando di una patologia molto diffusa che passa
inosservata ad una paziente su due e a cinque pazienti uomini su cento. Ciò non
toglie però che, pur nella sua asintomaticità, la malattia, se non trattata
adeguatamente, può avere conseguenze anche molto gravi per l’organismo.
Dall’Italia, nel frattempo, arriva la
presa di posizione di Massimo Galli, ordinario di infettivologia all'Università
Statale di Milano. «Il caso di un batterio mutato della gonorrea era noto da
tempo, l'epidemia non è ancora in atto, quindi è inutile creare falsi
allarmismi. È vero però che la ricerca sugli antibiotici in questo campo è
ferma da tempo.» E conclude:« Questo "avvertimento" che ci dà la
natura va quindi in ogni caso considerato perchè si riprendano a studiare nuovi
farmaci».
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