Nonostante tutte le nuove acquisizioni
mediche degli ultimi anni in fatto di farmaci e terapie, prevenzione e
malattie, qualcuno crede ancora che la menopausa sia una patologia che come
tale vada trattata. Non è così, la menopausa è una fisiologica condizione della
donna che, semmai può aprire la strada alle malattie, considerato che a causa
della diversa e minore concentrazione nel sangue di ormoni femminili, la donna
perde il cosiddetto “ombrello protettivo” che fino a prima la preservava
dalle malattie cardiache e dagli eventi cerebrovascolari.
Per la stessa ragione, collegata ad
altri, nella menopausa la donna va maggiormente incontro a malattie quali
l’osteoporosi e a tutti quei sintomi rappresentati da irrequietezza, vampate di
calore, difficoltà di adattamento alla nuova situazione etc. Intanto occorrerebbe
aggiungere che la perdita dell’ “ombrello protettivo” potrebbe essere anche
dovuto, secondo alcune scuole di pensiero, alla fine del ciclo mestruale e relativa perdita ematica con conseguente anemizzazione
della donna, visto che per alcuni studiosi la perdita di ferro periodica
potrebbe essere a sua volta collegata alla protezione contro le malattie
cerebrovascolari. Ma al di là di quello che è il pensiero scientifico in materia,
occorre ricordare che oggi è possibile riprodurre il più possibile la
fisiologia della donna prima della menopausa se la donna si sottopone alla
somministrazione di ormoni, con quello che si chiama trattamento ormonale
sostitutivo o TOS. In pratica si tratta di somministrare alla donna quegli
ormoni che le sue ovaie non possono più produrre, in questo caso la paziente
non privata più di estrogeni e progestinici avverte meno i sintomi della
menopausa. Ovvio che la decisione se assumere o meno
ormoni sotto forma di farmaci spetta solo al medico e mai nessuna donna dovrà
di testa propria caricarsi della responsabilità di una tale decisione, che se
giustamente valutata però, consentirà alla donna di liberarsi dalle vampate di
calore, dall’ansia e spesso da quelle forme simildepressive ed in parte
potrebbe pure minimizzare gli effetti indotti dalla menopausa.
Resta tuttavia nella donna l’apprensione di
fronte all’interrogativo se il ricorso ai TOS non sia peggiore delle eventuali
malattie che questi farmaci potrebbero generare. Oggi si è in grado di
stabilire che la possibilità di andare incontro a eventuali neoplasie endometriali
è scongiurato, addirittura tali farmaci parrebbero addirittura detenere
un’azione protettiva sia a livello della cervice che del colon retto. E che
dire invece del tumore al seno seguito dall’utilizzo dei TOS? In questo caso occorre
essere più cauti, perché gli studi in materia non sono del tutto ultimati al
punto che ciò che si può affermare è che la neoplasia mammaria non si associa a
tali farmaci se questi sono stati assunti per un periodo inferiore ai cinque
anni, mentre dopo cinque anni di trattamento con i TOS il rischio di insorgenza
di tale neoplasia è quantificato in 8 casi su diecimila. Solo il ginecologo
dunque dovrà valutare, caso per caso, soprattutto dietro conoscenza della
storia anamnestica della paziente la possibilità o meno di affidarla a terapia
ormonale sostitutiva.
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