Ciò non toglie però che il grosso limite di molte sostanze farmaceutiche sia rappresentato nel tempo dalla dimostrata minore efficacia di quei presidi che fino a ieri sembravano risolvere del tutto la patologia e che in corso di utilizzo divengono sempre meno efficaci per il malato, ponendo allo stesso il dilemma se proseguire con un trattamento che oltre che farmacologico possa prevedere anche il ricorso alla chirurgia, chiamata in causa per asportare il tessuto cerebrale che abbia subito danni e risolvere in questo modo il problema, oppure rassegnarsi ad una vita qualitativamente scadente, mai al riparo da qualche eventuale violenta crisi.
Molte volte, di fronte all’alea rappresentata da un intervento che sia pure affidato a mani esperte qualche controindicazione può sempre determinarla, il paziente rinuncia a tutto ciò vedendo la propria vita minata a livello lavorativo e spesso affettivo. Ma per questi pazienti parrebbero aprirsi dei nuovi orizzonti terapeutici, rappresentati da una inedita terapia genica sulla quale sta dedicando molto impegno Francesco Noè dell’Istituto di Ricerche Fasrmacologiche del Mario Negri di Milano di concerto con eminenti Centri di ricerca sparsi in tutto il mondo a seguito di uno studio scientifico che è stato pubblicato sulle pagine della rivista scientifica Brain.
Tale lavoro partirebbe dalla constatazione che codificando il gene Y con un neuropeptide, ovvero un cotrasmettittore di importanti neurotrasmettitori quali la noradrenalina, una volta indirizzato nei distretti cerebrali laddove si presuma alberghi la zona focale da dove si dipartono gli attacchi epilettici, tale sostanza smorzerebbe queste eventuali crisi ricorrenti, evidenziando una minore incidenza degli attacchi stessi. A livello sperimentale, in particolare sui topi da laboratorio, tale inedita procedura avrebbe di fatto provocato la scomparsa delle crisi epilettiche nell’animale per almeno un anno, ma l’obiettivo prefisso dalla ricerca medica è quello di traghettare la stessa metodica, andatasi nel frattempo a perfezionarsi, in umana creando le condizioni per eliminare la possibilità di incorrere in attacchi epilettici durante tutta la vita della persona affetta dal disturbo.
L’ottimismo dei ricercatori di fronte a questa inedita scoperta è tale da considerare la fattibilità della procedura nel volgere di qualche anno estendendola a quei pazienti che soffrono delle forme più gravi della patologia.

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