Fino adesso nel protocollo diagnostico del
paziente infartuato, la coronarografia è sempre stata ritenuta indispensabile
al fine di verificare lo stato delle arterie coinvolte dalla patologia cardiaca
ed eventualmente intervenire su quelle. La stessa metodica è ancora utilizzata
laddove si sospetti o si abbia certezza di un restringimento arterioso o di
un’occlusione che limiti o impedisca del tutto il passaggio del sangue in
quelle arterie, come le carotidi, occluse da placche di colesterolo
solidificate e si voglia intervenire su quelle.
Tuttavia c’è da ricordare che la coronarografia è una metodica essenziale sicuramente, ma non scevra da rischi durante la sua esecuzione, tant’è che è ritenuto un esame invasivo. Tale caratteristica aggiunta all’evidenza di danni spesso irreversibili, sia pure sempre più rari, non è possibile con la coronarografia eliminarli del tutto. L’ideale dunque sarebbe poter confidare su un esame meno invasivo e per questo più sicuro ed al contempo attendibile come di fatto è pur sempre la coronarografia.
Tale esame che, ricordiamo, non manderà del
tutto in soffitta l’introduzione del catetere e dei mezzi di contrasto
applicati, come avviene con la coronarografia, consente di controllare su un
monitor lo stato dei vasi, ci riferiamo alla Tac cardiaca che si avvale dei
raggi X per scandagliare il cuore nelle diverse sezioni che solo la Tac è in grado di scandagliare
ed in certi casi, non tutti per la verità, può essere applicata in quei
pazienti cardiopatici che fino adesso potevano rivolgersi solamente alla
coronarografia. Oggi in Italia a disporre di questo esame sono una ventina di
Centri cardiologici disposti a macchia di leopardo nella penisola con liste di
attesa tuttavia abbastanza lunghe, si pensi che sono in turno oltre 400
pazienti per i quali è indicata la
Tac cardiaca multistrato.
Con questo esame il medico ha la possibilità
di studiare le singole porzioni di cuore in sezioni stratificate ed al contempo
è data la possibilità al curante di scandagliare anche le diverse porzioni di
vasi compresi quelli periferici che, generalmente, presentano una maggiore
difficoltà di visione.
Secondo Lorenzo Bonomo, direttore del
dipartimento di bioimmagini e scienze radiologiche del Policlinico Gemelli di Roma, la Tac può essere ancora
impiegata in quei pazienti che sono a rischio infarto o di una qualsiasi
cardiopatia ischemica di grado medio o
medio basso. Ne deriva dunque che la coronarografia resta indispensabile in
quelle coronaropatie di grado molto elevato soprattutto in presenza di pazienti
interessati da fattori di rischio molto alti o sintomi che non possono
escludere la presenza di una grave patologia cardiaca, qualche volta anche in
acuto.
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