La scoperta è casuale e deriva
dall’osservazione di come un farmaco utilizzato per prevenire il rigetto nei
trapianti del rene, al contempo agisca egregiamente anche nella cura di una
malattia importante, sia pure non molto diffusa, quale di fatto è il rene policistico bilaterale dominante.
Il farmaco in questione è la Rapamicina, mentre l’evidenza
come tale sostanza farmacologica possa agire nei confronti della patologia
rappresentata dal rene policistico bilaterale dominante, si deve ad uno Studio
medico pubblicato sulla rivista scientifica Journal of the American Society of
Nephrology. A tale studio ha preso parte anche l’Istituto di Ricerche
Farmacologiche Mario Negri di Bergamo con a capo Giuseppe Remuzzi.
L’importanza di tale inedita scoperta è
data dalla constatazione di aver potuto finalmente inserire quell’anello mancante nella terapia di tale patologia
renale, fino adesso trattata esclusivamente con la dialisi ed eventualmente con
il trapianto di reni, a causa dell’insufficienza renale gravissima ed
irreversibile cui vanno incontro i pazienti affetti dalla patologia. Tale
complicanza è determinata dal fatto che la funzionalità dell’organo malato si
riduce fino ad annullarsi del tutto a causa di particolari cisti di notevoli
dimensioni che vanno a colpire l’organo comprimendolo al punto da renderlo in
breve tempo del tutto inservibile. La Rapamicina invece parrebbe proteggere il rene
evitando la formazione di dette cisti.
Prima di giungere al farmaco tuttavia si è
passati da una precedente acquisizione scientifica che riguardava le
particolarità di una specifica proteina che ha il nome di Mtor e che di fatto
partecipa proprio alla formazione di quelle cisti in grado di distruggere nel
tempo il rene. La manipolazione in laboratorio di tale proteina ha
rappresentato il vero precursore del farmaco di cui adesso si tenta l’impiego
terapeutico. I risultati ottenuti dall’Istituto Mario Negri di Milano sono
sicuramente incoraggianti, in considerazione dell’evidenza di come 21 pazienti con rene
policistico, hanno mostrato i primi successi terapeutici a breve tempo dalla
prima assunzione. Tali buoni risultati sarebbero
evidenziati dal fatto di aver potuto constatare in tali malati all’arresto
della formazione delle cisti trasformate in
poco tempo in nuovo tessuto sano in luogo delle formazioni patologiche
stesse. Ciò significa poter confidare nel tempo in un futuro più roseo di quei
pazienti già ammalati ma che così trattati potrebbero evitare il ricorso alla
dialisi, potendo in questo modo arrestare la grave insufficienza renale
subentrata. Da ricordare infine che tale molecola farmacologica sarebbe quanto
mai scevra da quegli effetti collaterali importanti che di norma farebbero
propendere per un’interruzione delle terapie.
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