Prolasso vaginale, un termine medico
che moltissime donne in menopausa hanno imparato ad usare, indicando con ciò, la
discesa patologica degli organi sessuali femminili e
dunque, utero per primo e successivamente anche pareti vaginali. Laddove il retto e la vescica seguissero lo stesso iter,
l’impegno diventa grave al punto che in questo caso assistere persino ad
una fuoriuscita della vagina dalla sua sede non è del tutto infrequente. Ad
avere dimestichezza con questa patologia sono un numero di donne elevatissimo,
quasi la metà di tutte quelle entrate in menopausa.
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Eppure è altrettanto noto che su
dieci donne affette dal problema, solo due ricorrono alle visite mediche per
porre un limite alla patologia. Dunque un problema sentito ma in parte anche
sottovalutato, nonostante proprio nelle donne che tengono in poca considerazione
il problema vi sia una certa predisposizione familiare ad ammalarsi. Ma tale predisposizione non è l’unica
causa del prolasso vaginale, altri fattori intervengono su questa che è considerata
più che una patologia una sindrome, in quanto molto spesso espressione di una
malattia o una serie di fattori predisponenti alle malattie. Una causa primaria
è rappresentata dalle gravidanze pregresse, al punto che immaginiamo che la
donna che non abbia partorito non incorra nel fenomeno. Il fatto stesso che il
problema si concretizzi in menopausa ci fa ritenere che proprio questo periodo
della vita della donna apra la strada al prolasso a causa della diminuzione di
quegli ormoni che di fatto agiscono sulla tonicità delle pareti addominali, con
la conseguenza che rilasciandole favoriscono la fuoriuscita degli organi
genitali stessi. A questi primi fattori potrebbero aggiungersi, anche se non è
una conditio sine qua non, eventuali
patologie insorte nel tempo, a partire dalla stitichezza cronica anche in
periodi pre menopausa, o anche un’attività lavorativa che abbia richiesto alla
persona sforzi fisici prolungati ed eccessivi per le proprie possibilità.
La sintomatologia è ben delineata a
partire dalla spiacevole sensazione della paziente di avvertire una sorta di
abbassamento degli organi, sensazione questa che non viene meno sia durante il
riposo che in movimento. Spesso il tutto può accompagnarsi, ma non sempre, al
dolore intenso, vivo e perdurante accentuato durante la minzione. Non è infine
escluso che la donna assista a perdite involontarie di urina, così come,
laddove la paziente lamenti una stitichezza cronica, si potrà assistere all’esacerbazione
di quest’ultimo sintomo. La terapia è chirurgica e prevede quasi sempre l’isterectomia
in modo da far aderire i lembi dei tessuti fra di loro aumentando la
consistenza ed evitando il peggiorare dell’eventuale prolasso. Solo nei casi
più lievi è possibile intervenire farmacologicamente, somministrando alla
paziente quei farmaci, ormoni soprattutto, che fisiologicamente agiscono sulla
tonicità dei muscoli addominali, a questa terapia si affianca la
cosiddetta riabilitazione perineale. Spesso tale soluzione è ritenuta
provvisoria oppure attuata con la speranza di scongiurare il ricorso al
chirurgo, ma aspettarsi “miracoli” dai farmaci, in siffatte condizioni è spesso
solo una speranza che tale rischia di restare.
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