Vi ricordate
l’allarme dei frutti di bosco surgelati contaminati dal virus dell’Epatite A?
Scoppiato a gennaio 2013,
ha avuto diversi picchi (l’ultimo ad agosto scorso con un elevato numero di ricoveri) e in Italia ha colpito 1.787 persone. Si tratta
di un caso eclatante, eppure il Ministero della Salute è riuscito a tenerlo
sotto traccia, diffondendo poco e male i nomi dei prodotti ritirati e non
informando in modo adeguato i consumatori. A denunciarlo è Il Fatto Alimentare.
Secondo un documento del
Ministero della salute, “la situazione di crisi si deve considerare superata
considerando la riduzione dei casi di malattia riconducibili al consumo di
frutti di bosco”.
Nel corso
dell’epidemia sono stati identificati 15 lotti contaminati e 45 lotti
sono stati classificati come “sospetti” e le aziende coinvolte sono state 11.
“La sensazione è che si sia fatto di tutto per soffocare le notizie e purtroppo
il sistema ha funzionato” scrive il Fatto Alimentare che ha seguito sin
dall’inizio questa storia e, più di una volta, ha dovuto superare silenzi e
barriere burocratiche i per avere notizie.
Per rendersi
conto della gravità l’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) ha diffuso
un dossier sui casi di epatite A in Europa dai frutti di
bosco tra gennaio 2013 e giugno 2014: i casi italiani rappresentano oltre il
95% del totale. A Roma è stata allestita anche una task force.
“Riconosciamo le oggettive
difficoltà che hanno impedito
agli esperti di risalire all’origine del focolaio (mancanza di una
tracciabilità dei lotti, complessità della filiera…) e non hanno permesso agli
esperti in questi due anni di individuare un unico focolaio – continua il Fatto
Alimentare – Le ipotesi più probabili dell’origine della contaminazione
focalizzano l’attenzione su ribes rossi contaminati importati
dalla Polonia e di more arrivate dalla Bulgaria.
Il Ministero della salute
dichiara di avere informato i
cittadini rilasciando interviste a diverse riviste a costo zero e “in tempi ristretti considerando il carattere di
urgenza che la questione richiedeva”. La realtà è leggermente
diversa, l’epidemia è rimasta una vicenda sconosciuta per decine di milioni di
italiani, che hanno continuato a mangiare tranquillamente frutti di bosco e
dolci preparati con questi frutti ignare del pericolo. Non ci sono state
conferenze stampa per informare la gente e i giornalisti e i dati sulle persone
contaminate sono stati diffusi con il contagocce. Nessuno si è reso conto che
era in corso un’epidemia? Il Ministro della salute che rilancia sempre in rete
le imprese dei Nas, e parla sempre di sicurezza alimentare, non si è accorto
che i frutti di bosco contaminati colpivano centinaia di persone ogni mese?
Solo così si può spiegare il numero esagerato di persone colpir sin Italia. A
fronte di poche decine di casi in Europa, nel nostro paese si sono registrati
1.787 casi di epatite A, che rappresentano oltre il 95% del totale (vedi
grafico sopra).
Il Ministero non ha saputo fare
una corretta valutazione del rischio, e questo è gravissimo, visto che alla base della
normativa sulla sicurezza alimentare in vigore sin dal 2002, c’è proprio
questo concetto. C’è di più, la disastrosa comunicazione nei confronti dei
cittadini è l’altro imperdonabile errore che ha contribuito a diffondere
l’epidemia in Italia. C’è un ultimo elemento che va registrato, otto mesi fa i
funzionari che hanno seguito la crisi sono stati trasferiti ad altro servizio,
anche se non sappiamo i motivi di questa decisione. La tragica realtà è
che la prossima epidemia alimentare potrebbe essere gestita con le stesse
modalità.
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