Attenzione, in corso di scompenso cardiocircolatorio, ai tassi di vitamina D
nel sangue. Infatti, secondo un recente studio scientifico, più è bassa la
quota di questa vitamina nel sangue, più alto è il rischio di morire per la
patologia. Lo avrebbero appurato ricercatori del Licette Liu e
collaboratori del Centro universitario medico di Groningen (Olanda).
Cominciamo
col ricordare che la vitamina D, indipendentemente da eventuali patologie
cardiache, quando diminuisce nell’organismo espone al rachitismo il bambino, alla fragilità ossea, alla debolezza muscolare, ed ai dolori alle ossa, fino a culminare nei casi
gravi di deformazione ossea, così come aumenta anche il rischio di incorrere in una maggiore esposizione alle epidemie influenzali ed all'iperparatiroidismo. Tali evenienza negative si riscontrano, sia pure in misura ridotta, anche nell'adulto. Da ricordare che tale vitamina non è molto diffusa
nell’alimentazione, come avviene con le altre vitamine, si reperta tuttavia, in
maniera maggiormente significativa, nell'olio di fegato di merluzzo, nel
salmone, nelle aringhe, nel latte, nei latticini, nelle uova, nelle verdure
verdi. Ne deriva che casi di carenza di vitamina D sono più frequenti di quanto
si creda. L’esposizione ai raggi solari è una buona fonte di vitamina D, anche
se occorre ricordare che sia nella dieta che quando ci si espone al sole, tale
vitamina si presenta in una forma biologicamente non attiva e deve subire due
reazioni di idrossilazione per essere trasformata nella forma biologicamente
attiva, il calcitriolo che è poi la forma attiva della vitamina D3 e
che dunque partecipa alla salute delle ossa.
Saputo
dunque cosa sia e a cosa serva la vitamina D, torniamo al lavoro scientifico
dei ricercatori, i quali hanno dichiarato che,
«Le ragioni di una possibile carenza della vit.D sono varie. Spesso è insufficiente la sua sintesi cutanea, a causa del declino senile nelle capacità biochimiche della pelle, oppure in seguito a prolungati periodi trascorsi al chiuso dai malati per via dei sintomi; altre volte è scarsa la conversione in forma attiva della molecola a livello renale, in ragione di una ridotta funzione dell'organo».
Per
giungere a tanto i ricercatori hanno selezionato un numero di 548 pazienti che
erano ricoverati in ospedale per scompenso cardiocircolatorio. Alcuni di loro
soffrivano di forme di ipovitaminosi D (scarsa vitamina D) in altri, i livelli
della vitamina D risultavano regolari. Alla luce di questi riscontri si è
osservato che i pazienti che soffrivano di ipovitaminosi D sviluppavano un più
alto rischio di morire o di essere a breve nuovamente ricoverati rispetto a
coloro i cui livelli sierici erano normali. Inoltre
sono state rilevate correlazioni significative tra vit.D, attività reninica
plasmatica e proteina C-reattiva: ciò fa ritenere che la correlazione tra bassi
livelli di vit.D e prognosi dello scompenso sia spiegabile tramite
l'attivazione del sistema renina-angiotensina (Ras), che ha un ruolo chiave
nello sviluppo dell'insufficienza cardiaca e un alterato profilo citochinico.
«Questo studio fornisce chiare evidenze di come elevate concentrazioni della vit.D si leghino a un'aumentata sopravvivenza nei pazienti con scompenso» ribadisce Liu. «Occorre pertanto consigliare loro di mantenere appropriati livelli di vitamina mediante integratori, aumentando la quantità di pesce e uova nella dieta o, semplicemente, esponendosi di più al sole».
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