Farmaci biologici e chirurgia: l'allarme del 2012 e le nuove linee guida
Sembra ieri, ma dall'articolo sopra ci separano ben 13 anni e di acqua sotto i ponti ne è passata, la scienza è andata avanti, a volte anche indietro, ma questo è un altro argomento e, all'epoca, ci chiedevamo se fosse corretto sospendere i farmaci biologici prima di un intervento chirurgico. Era il lontano 2012 e, basandoci su una ricerca del 2006, vi avevamo avvertito che questi farmaci potevano ritardare la cicatrizzazione delle ferite. Era un'osservazione scientifica importante, che all'epoca era diventata la prassi.
Oggi, a distanza di anni, la risposta a quella domanda è diventata molto più complessa e sfumata.
L'evoluzione del pensiero medico
L'allarme che avevamo lanciato era giustificato, ma nel tempo si è capito che sospendere indiscriminatamente la terapia comporta un altro rischio molto grave: la riacutizzazione della malattia. Un'artrite reumatoide che si "risveglia" dopo un'operazione può compromettere il recupero del paziente e rendere vano l'intervento stesso.
Di conseguenza, il mondo scientifico ha abbandonato la regola generale per adottare un approccio personalizzato, basato sul bilanciamento di due rischi: quello di infezione e quello di un "flare".
Le nuove raccomandazioni in sintesi
Oggi, le linee guida di organizzazioni come l'ACR e l'EULAR sono molto più specifiche e dipendono dal tipo di farmaco:
Metotrexato: Se nel 2012 la cautela era d'obbligo, oggi la raccomandazione è di continuare la terapia. Svariati studi hanno dimostrato che non aumenta il rischio di infezioni post-chirurgiche e che la sua sospensione è molto più pericolosa.
Leflunomide: Per questo farmaco, invece, l'indicazione che avevamo riportato rimane valida. La raccomandazione è ancora quella di sospendere il trattamento prima dell'intervento, a causa della sua lunga emivita.
Farmaci Biologici: La decisione è più complessa. In generale, si consiglia la sospensione prima dell'intervento, con tempi che variano a seconda del farmaco specifico, per poi riprendere la terapia una volta che la ferita è guarita e non ci sono segni di infezione.
Come vedi, la domanda di allora ha aperto una strada di ricerca che ha portato a risposte più precise e sicure per i pazienti. Forse eravamo allora fra i primi a sollevare il problema, e la scienza ci ha dato ragione, pur perfezionando il protocollo.

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