Quando
parliamo di psoriasi, una malattia autoimmune che lascia i segni importanti
della propria presenza a livello della pelle in primis, molti sono convinti che
tale patologia riguardi intanto sia circoscritta solo alla pelle e che il
problema sia soltanto di natura estetica. Le cose vanno ben diversamente, perché
se è vero che la psoriasi si manifesta principalmente a livello delle parti più
superficiali della cute, a volte determinando vere e proprie devastazioni di
vaste aree del corpo, vero è anche che parliamo di una malattia invalidante in
alcuni casi, sia pure non frequentemente.
Ma
laddove la malattia ha il suo maggiore effetto sulla pelle la situazione si fa
davvero drammatica. Intanto cominciamo col dire che la psoriasi riguarda una
popolazione che in Italia tocca quota 3 milioni di persone e di questi, almeno
300 mila pazienti sono afflitti dalle forme peggiori con interessamento di aree
del corpo molto estese e implicazione di organi e apparati diversi. Insomma, la
psoriasi per questo dieci per cento di pazienti ha implicazioni persino
drammatiche, al punto che, quando si parla con questi malati, si scopre che
quattro su dieci, pensa che la malattia abbia limitato in maniera determinante
i progetti di lavoro e della carriera in generale, mentre, almeno 8 persone su
dieci, riferisce di avere abbandonato qualsiasi attività sportiva per il
disagio che provava una volta spogliatosi dei vestiti e infilate le divise
sportive. Così come una persona su tre dichiara di aver subito ripercussioni
nella sfera intima e uno su due ammette di non sentirsi più la stessa persona
che era prima dell’avvento della patologia.
Nei
due sessi, inoltre, la donna risente maggiormente i danni della malattia, come
si evince dal Progetto Daniele, uno studio presentato a Roma che valuta
l'impatto della psoriasi moderata e grave su lavoro, salute, relazioni sociali
e qualità di vita del paziente. Lo studio - promosso da Abbott e dedicato al
dermatologo dell'università Sapienza Daniele Innocenzi, scomparso per un
incidente nel 2009 - fornisce, per la prima volta, una fotografia della vita reale
dei malati, grazie a un'analisi puntuale condotta in 32 centri su quasi 800
pazienti che hanno risposto a un questionario.
"I risultati non sono
confortanti – spiega Fabio Ayala, direttore Clinica dermatologica dell'università
Federico II di Napoli e coordinatore dello studio - visto che questa malattia, nelle
forme moderate e gravi, ha un impatto negativo superiore persino ad alcune
forme tumorali e a molte malattie cardiovascolari che comportano un rischio per
la vita". Sul lavoro, ad esempio, secondo più di una persona su quattro
(il 27%) la patologia ha penalizzato le opportunità di avanzamento
professionale e circa il 22% afferma di aver subito penalizzazioni nelle
proprie potenzialità di guadagno. Ma anche nella sfera intima e personale
"la malattia non fa sconti.
E i problemi riguardano sia le grandi cose che
i piccoli gesti quotidiani: si pensi che il 68% dei malati si sente
condizionato nella scelta degli abiti da indossare, un disagio avvertito in
misura maggiore dalle donne".
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