AGGIORNAMENTO DELL' 8 AGOSTO 2025
Potrebbe rappresentare la nuova frontiera per l’indagine soprattutto a scopo preventivo di un eventuale
neoplasia al seno, stiamo parlando della elastografia, una tecnica che utilizza gli ultrasuoni e sulla base di questi riesce a localizzare eventuali neo formazioni nonché la consistenza dei tessuti molli, la morfologia e la resistenza di eventuali noduli o cisti presenti nel seno.
Ma se la stessa
ecografia sfrutta, come si, sa gli ultrasuoni, che bisogno c’era ad affidarsi ad un’altra tecnica che sfrutta lo stesso principio? A detta dei ricercatori tale necessità è dovuta al fatto che tramite l’elastografia è possibile una diagnosi più precisa in quelle pazienti, per lo più giovani e che dunque presentano una maggiore consistenza dei tessuti mammari e per le quali il solo ricorso all’ecografia non assicura del tutto la certezza di un risultato diagnostico sempre attendibile.
C’è di più, a parere sempre degli studiosi, con l’elastografia è possibile scongiurare il più possibile il ricorso alla più invasiva
biopsia, nel caso in cui si sospettasse
un’eventuale neoplasia al seno, potendo così dare al medico un quadro clinico tale che il ricorso all’esame bioptico, volto a stabilire l’eventuale presenza di un tumore benigno o maligno, sia riservata a pochissimi casi quasi del tutto isolati. Così non è escluso che il campo di azione possa essere esteso per patologie minori al seno, ad esempio,
le mastopadie fibroadenomatose cistiche.
A tale conclusione sarebbe giunto uno studio accurato statunitense che ricorda anche che quasi l’80% delle lesioni alla mammella, sottoposte a biopsia, si rivelano benigne. Il riscontro che l’elastografia potrebbe non tanto sostituire ma affiancare la biopsia e ce lo da il dato secondo il quale con tale tecnica è possibile discernere un adenoma, ad esempio, da un carcinoma, poiché il primo, di natura benigna si presenta più comprimibile rispetto al secondo, rappresentato da un tumore maligno, al punto che è già possibile stilare una sorta di classifica diagnostica che ci indica come 98 lesioni cancerose su 100 diagnosticati con l’elastografia erano correttamente identificati e l’82% erano ascrivibili a tumori benigni e non solo, sfruttando la tecnica relativa all’elastografia si poteva essere più certi dei risultati ottenuti molto di più di quanto si potesse fare con la sola ultrasuonografia. Se poi le due tecniche si sovrappongono, laddove ve ne fossero le indicazioni, la certezza diagnostica sarebbe pari, quasi, al 100% .
Ovviamente, anche in questo caso, l’ultima parola spetta al medico, l’unico in grado di discernere la necessità di un esame rispetto ad un altro.
Fonte: Radiological Society of North
America, 2009
COME E' ANDATA A FINIRE 15 ANNI DOPO?
Perché l'elastografia è ancora usata e come si è evoluta
L'elastografia è nata dall'idea di tradurre in immagini la "palpazione" che un medico fa manualmente. I tessuti maligni, come la maggior parte dei tumori, tendono ad essere più rigidi rispetto ai tessuti sani o benigni circostanti. L'elastografia sfrutta proprio questa differenza di consistenza.
Negli ultimi anni, la tecnologia ha fatto passi da gigante e ha reso questa tecnica più precisa:
Complementarietà con l'ecografia: L'elastografia viene solitamente eseguita come parte dell'ecografia mammaria. Non è un esame a sé stante per la ricerca dei noduli, ma serve per caratterizzare meglio una lesione già identificata con l'ecografia standard.
Riduzione delle biopsie: In molti casi, l'elastografia aiuta a distinguere un nodulo benigno da uno maligno con un'accuratezza elevata. Questo permette ai medici di evitare biopsie non necessarie, riducendo lo stress e i costi per le pazienti.
Due tecniche principali: Le tecnologie più recenti si basano su due approcci:
Elastografia a deformazione (Strain Elastography): Misura la rigidità dei tessuti applicando una leggera pressione con la sonda ecografica.
Elastografia a onde di taglio (Shear Wave Elastography):ography (SWE): È una tecnica più avanzata che misura la velocità di propagazione delle onde sonore all'interno del tessuto. Le onde viaggiano più velocemente nei tessuti più rigidi (maligni) e più lentamente in quelli elastici (benigni).
In sintesi, l'elastografia è tutt'altro che ferma. È un campo in continua evoluzione e la sua combinazione con l'ecografia e la mammografia contribuisce a una diagnosi più accurata.
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