martedì 3 aprile 2012

Infarto: il rischio svelato da un semplice esame del sangue


Le malattie cardiovascolari sono considerate le più gravi cause di morte in tutto il mondo. Conosciamo bene i fattori di rischio che si vengono ad aggiungere alla predisposizione personale di coloro che vanno incontro a tali patologie, così come conosciamo quegli esami ematici e diagnostici in grado di prevenire l’esordio della malattia. Ma ci sono altri esami magari meno noti, ma a quanto parrebbe essenziali per prevenire il tragico evento, come ci indica uno studio seguito ad un’accurata ricerca scientifica dell’Oregon Health & Science University, che ha indicato nel gamma-prime-fibrinogeno la ’spia’ più adeguata in grado di segnalare per tempo la possibilità di incorrere in un’ischemia o un infarto anche fulminante.

Secondo tale ricerca statunitense, il riscontro di elevate quantità di tale sostanza nel sangue a livelli ritenuti eccessivi, ricordando che il gamma-prime-fibrinogeno presiede ai processi di coagulazione del sangue, le possibilità di incorrere in una grave ischemia cardiaca divengono esponenziali e, dunque, tanto è più alta la sostanza presente nel sangue, tanto maggiori sono i rischi di incorrere in una grave sofferenza cardiaca. Ma c’è di più, il detenere elevati livelli della sostanza espone al rischio di un infarto, anche in assenza di altri fattori di rischio, come potrebbero essere quelli derivanti dall’ipercolesterolemia, come ha sostenuto  David Farrell, che ha coordinato la ricerca diffusa su Clinical Chemistry.

Il lavoro scientifico che ha condotto a tali riscontri è stato lungo e laborioso, si pensi che per giungere ad una conclusione scientifica accreditata si è impiegato mezzo secolo, ma si è anche riusciti a far chiarezza sui fattori di rischio implicati nelle eventuali patologie cardiache che, alla luce di tali riscontri, non sarebbero più dipendenti solamente dal grado di obesità, dal diabete, dall’alto contenuto di colesterolo nel sangue, ma anche e, soprattutto, dagli alti livelli di gamma-prime-fibrinogeno, anche in assenza di tutti gli altri fattori di rischio, al punto che il riscontro di tale sostanza a livelli alti deve intendersi un gravissimo fattore di rischio in sé. “Se si hanno livelli entro il 25 per cento piu’ alto il rischio aumenta di 7 volte”, ha concluso l’esperto, “questo test dovrebbe essere aggiunto agli altri per predire la probabilità di attacchi”.

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