Nonostante l’Italia sia il Paese dove si registra
una minore frequenza di morte neonatale, nell’ultimo periodo sono troppi i
decessi che hanno avuto per protagonisti neonati, in qualche caso s’è persino
registrata la morte della madre. La media italiana riferita al
periodo settembre/ottobre 2010 si è drammaticamente elevata, come ci riporta
una dichiarazione nel merito di Ivano Giacomelli, Segretario Nazionale Codici,
l’importante Associazione dei Consumatori, il quale dichiara che
"Riteniamo
ci sia qualcosa che non va, siamo di fronte ad una media di circa 6 morti di
neonati nel giro di un mese. Un dato estremamente preoccupante e che necessita
dell'attenzione delle Istituzioni, in particolare in quelle Regione più colpite
dal tragico fenomeno".
Ma quali sono le regioni d’Italia dove si è
registrata la più alta mortalità infantile? La Sicilia , la Calabria , la Campania ed il Lazio. Nello
specifico, guardando ai dati dell’Istituto Superiore della Sanità, si evince
che in Sicilia dopo un parto cesareo si registrano 22 morti per centomila
bambini, seguiti dal Lazio con 13 morti per 100 mila bambini.
Resta il capitolo
parti cesarei, in Italia se ne fanno troppi, considerato che il nostro Paese è
quello che, nella classifica che tiene conto del maggior numero di parti
cesarei rispetto alle altre nazioni europee, è in pole position! Tutto ciò ben
sapendo che il rischio che il bambino muoia, rispetto ai parti naturali, è
superiore di due, ma in qualche caso, anche di quattro volte.
Secondo l'ultimo rapporto del Ministero della Sanità
"nel 2009 il ricorso al taglio cesareo è stato pari al 45 per 100 nati vivi; nel 2008 tale percentuale era pari al 44%. Valore significativamente più
alto rispetto a raccomandazioni di agenzie internazionali come l'Organizzazione
Mondiale della Sanità che suggerisce un ricorso al taglio cesareo non superiore
al 20%". CODICI invita i
Governatori delle Regioni più a rischio ad effettuare maggiori controlli nelle
sale operatorie e ad intervenire con normative ad hoc per la tutela dei diritti
del malato.Occorre però segnalare una difficoltà che ultimamente si registra in quelle
regioni “indotte” a diminuire il numero di parti cesarei. Sembrerebbe infatti
che nella corsa di rientrare verso i parametri stabiliti, non si sia dato il
tempo ai diversi reparti di adeguarsi ai nuovi modelli loro proposti. Ma c’è di
più, la presenza di troppi centri di maternità sparpagliati soprattutto nelle
regioni del sud, espone maggiormente al rischio di mortalità infantile. Ciò
sembrerebbe dovuto all’inadeguatezza di tali reparti in ambito all’ esperienza
fatta sul campo da parte del personale medico e paramedico e di quella a volte limitata attrezzatura
medica disposta per scongiurare il più
possibile il rischio di morte neonatale.
Fonte: Help Consumatori
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