Troppi cesarei: l'allarme del 2012 è ancora attuale? I dati di oggi


Venerdì scorso il Ministro della Salute Renato Balduzzi ha disposto un controllo dei NAS per accertare il ricorso non appropriato al parto cesareo  nei reparti di ostetricia delle strutture sanitarie di ricovero e cura pubbliche e private. 
Secondo una segnalazione dell’Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali),  in alcune regioni il ricorso al parto cesareo è così diffuso da far sorgere l’ipotesi di una utilizzazione opportunistica dello stesso non basata su reali condizioni cliniche. Ricordiamo che il parto cesareo è pur sempre un intervento chirurgico a tutti gli effetti, che richiede una narzosi, il più delle volte con i rischi annessi ad un'operazione chirurgica. 

“Che in Italia ci sia un abuso di parti cesarei, soprattutto in alcune regioni, è noto da tempo. Chiediamo che il Ministero della salute vada ben oltre l’invio dei Nas nelle strutture ospedaliere per accertare eventuali abusi – afferma Francesca Moccia, coordinatrice nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva – Il Ministero, a nostro parere, ha almeno due strumenti per evitare i cesarei impropri: uniformare i DRG del cesareo a quelli del parto spontaneo, ossia rimborsare alle strutture le due prestazioni con la stessa tariffa, in modo che nessun medico o struttura vi faccia ricorso per ragioni economiche, ed estendere l’utilizzo dell’analgesia epidurale e di un’adeguata assistenza alle partorienti, di modo che tutte le donne possano sentirsi sicure di partorire in modo naturale, quando ci siano le condizioni cliniche adeguate, senza chiedere un inutile ricorso al cesareo”.

“Chiediamo al Ministro – conclude Moccia – di inviare i Nas nelle residenze sanitarie assistenziali e nelle case di riposo dove si registrano sempre più spesso casi di violazione della legge e talvolta di lesione vera e propria dei diritti umani, come mostrano i recenti casi di cronaca in Liguria e nel Lazio”.

COME E' CAMBIATA, SE E' CAMBIATA, LA SITUAZIONE DOPO 13 ANNI? AGGIORNAMENTO 2025 

Introduzione Come abbiamo testè visto, nel 2012, il Ministro della Salute dell'epoca, Renato Balduzzi, aveva lanciato un'allerta: l'abuso di parti cesarei in Italia, soprattutto in alcune regioni, aveva raggiunto livelli preoccupanti. L'invio dei NAS negli ospedali pubblici e privati aveva l'obiettivo di verificare se il ricorso a questo tipo di parto fosse sempre giustificato da ragioni cliniche. A distanza di oltre un decennio, la situazione è migliorata o le criticità permangono? Esploriamo i dati più recenti per capire dove si posiziona l'Italia oggi.

La situazione nel 2012: l'allarme del Ministro Riprendendo il testo originale e sintetizzandolo: nel 2012, l'Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) aveva segnalato un uso "opportunistico" del parto cesareo, non sempre basato su reali necessità mediche. Le associazioni come Cittadinanzattiva chiedevano al Ministero di intervenire con strumenti più incisivi, come l'uniformazione dei rimborsi (DRG) tra parto naturale e cesareo e la promozione dell'analgesia epidurale.

I dati recenti: a che punto siamo oggi? 

  • Il tasso di parti cesarei in Italia è sceso o è rimasto alto?

  • Ci sono ancora disparità tra regioni, come segnalato nel 2012?

  • Come si confronta l'Italia con gli altri paesi europei (l'OMS raccomanda una percentuale che si aggira intorno al 15%)?

Le cause del cambiamento (o della sua assenza)

I motivi dietro l'andamento del tasso di cesarei. Le cause possono essere diverse:

  • Aumento dell'età media delle madri: le gravidanze in età avanzata possono presentare maggiori rischi e portare a una maggiore incidenza di cesarei.

  • Scelte organizzative e culturali: le politiche ospedaliere e la cultura medica hanno un ruolo chiave. L'introduzione di linee guida più severe ha avuto un impatto?

  • Questioni economiche: la spinta di Cittadinanzattiva nel 2012 era fondata. I DRG sono stati modificati? C'è ancora un incentivo economico per il cesareo?

  • Il ruolo della donna: le donne sono più informate e coinvolte nella scelta? L'accesso a un'assistenza adeguata (come l'analgesia epidurale) è davvero migliorato in tutte le strutture?

Conclusioni: 

Sebbene i dati mostrino un miglioramento, potremmo sottolineare che la lotta per un'assistenza sanitaria più etica e attenta alle donne è ancora in corso. La richiesta di Cittadinanzattiva di "uniformare i DRG" e di "estendere l'analgesia epidurale" rimane, in molte zone, un obiettivo ancora non del tutto raggiunto. L' invito ai lettori a informarsi e a scegliere con consapevolezza, promuovendo un'assistenza al parto che sia sempre centrata sulla salute della madre e del bambino.

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