domenica 30 aprile 2023

Intervento chirurgico: e se mi sveglio nel bel mezzo dell'intervento senza che nessuno se ne accorga?

 

Sono passati meno di 200 anni da quando l’incubo del dolore durante un intervento operatorio è stato relegato al passato. Infatti, correva l’anno 1846 quando un dentista dimostrò ad una platea di suoi colleghi le mirabilie di cui era capace, avendo anestetizzato, con l’etere un paziente a cui doveva asportare un tumore al collo, cosa che fino a quel momento si eseguiva con modalità di fortuna, atte a lenire in qualche modo le sofferenze, ma lasciando pur sempre il paziente in preda ad allucinanti dolori durante e dopo l’intervento operatorio.

Eppure, sono passati quasi 200 anni da allora, oggi le anestesie generali, quelle che per effetto delle quali il paziente si “addormenta” per il tempo necessario della durata dell’intervento chirurgico, ma non è ancora del tutto chiarito come agisca l’anestesia generale o narcosi, per dirla in termini più tecnici. Una cosa è certa. Non basta addormentare il paziente durante un intervento, bisogna paralizzarlo e per farlo, si usano farmaci adatti. Del resto il chirurgo non potrebbe operare un paziente che anche durante il sonno avesse stimoli e movimenti involontari, così come il paziente deve essere sedato anche a livello respiratorio, ovvero, con le macchine apposite che lo facciano respirare senza che sia lui a respirare autonomamente come accade da svegli e questa è materia dell’anestesista. Del resto il lavoro del chirurgo e dell’anestesista potremmo paragonarlo a quello di due musicisti che suonano all’interno di una orchestra, ognuno uno strumento diverso, ma entrambi in perfetto accordo per non stonare, immaginatevi in sala operatoria se non ci fosse la stessa sintonia. Oltretutto, non è escluso che il chirurgo chieda al collega anestesista di ossigenare di più il paziente, di elevargli la pressione arteriosa o diminuirgliela per esigenze chirurgiche e l’anestesista opererà anche di fronte a queste richieste.

Ma come funziona l’anestesia generale?

Molto sommariamente i farmaci utilizzati per sedare il paziente agiscono sulle membrane delle cellule nervose. Secondo uno studio americano condotto da scienziati della Scripps Research, l’azione degli anestetici avviene in due momenti distinti. In una prima fase, il farmaco agisce su quelle strutture cellulari che si chiamano zattere lipidiche, che sono delle zone in capo alla membrana cellulare dove c’è un forte addensamento di proteine e lipidi. Tali aggregazioni conducono gli stimoli nervosi grazie al rilascio di appositi neurotrasmettitori, qui il farmaco agisce, sovvertendo per un breve tempo il lavoro fisiologico degli stessi neurotrasmettitori ed interrompendo in toto o in parte il rilascio degli stimoli nervosi.

Una volta avvenuto tale sovvertimento, interviene una proteina capace di attraversare la membrana cellulare, si parla di proteina transmembrana, nello specifico, canale ionico che attraversa per intero la membrana cellulare raggiungendo i neuroni, le cellule del sistema nervoso, bloccandoli; fatto questo che determina la perdita di coscienza e, dunque, l’addormentamento indotto del paziente, fino a che serve e, comunque, per tutta la durata dell’intervento, al termine del quale, l’anestesista diminuisce fino ad arrestare il rilascio di farmaci che agiscono nei meccanismi di cui sopra e lentamente l’organismo torna alla normalità. Ovviamente abbiamo semplificato il tutto al massimo, ad esempio, ogni anestesia dovrà essere calibrata al paziente che abbiamo di fronte, all’età, alle condizioni fisiche tenendo conto di eventuali malattie che potrebbero anche interferire sullo smaltimento dei farmaci utilizzati per giungere alla narcosi, o eventuale interventi particolarmente impegnativi dove bisogna calcolare la resistenza fisica del paziente di fronte ad una somministrazione massiva di farmaci anestetici.

E se ci si sveglia durante un intervento chirurgico?



E’ l’incubo di tutti coloro che si apprestano a subire un intervento chirurgico, oltretutto a rendere più gravosa la loro preoccupazione ci si è messa pure tutta una cinematografia, quasi horror, che ha, in momenti diversi, narrato l’angoscia vissuta da coloro che nel bel mezzo di un intervento si sono svegliati nella totale inconsapevolezza di quel che accadeva, da parte di medici ed infermieri di sala operatoria. Quindi, verrebbe da dire che il risveglio durante lo svolgimento di un intervento chirurgico è una fantasia tutta e soltanto cinematografica, o no?

Purtroppo no, non è solo fantasia di registi e attori. Il risveglio durante un intervento chirurgico sotto narcosi è cosa possibile, rara sicuramente, ma non esclusa del tutto. A far piena luce su questa condizione estrema sono ricercatori inglesi di Oxford che rivelano che un intervento su 19.600 eseguiti, calcolando un campione di 3 milioni di pazienti, potrebbe rappresentare questo rischio, quindi evenienza sicuramente rara. Ma se si contano tutti gli interventi chirurgici e relative narcosi che si eseguono al mondo, per quanto raro, il risveglio inconsapevole non è un’evenienza che non si presenti mai, come visto può accadere, anche se è meno frequente di quel che si riteneva un tempo quando si pensava che i risvegli inconsapevoli erano uno su 1000 narcosi effettuate, insieme al fatto che i ricercatori in passato avevano del tutto sbagliato i conti, tale situazione ci conforta non poco.

Tale estrema condizione si chiama awareness che tradotto significa anestesia cosciente e quindi risveglio intraoperatorio. Tale condizione è narrata, secondo i medici, in maniera errata dal cinema. Basti ricordare che il paziente che si sveglia sul lettino operatorio, non lo fa sicuramente come potrebbe farlo sul proprio letto dopo una bella dormita. Ricordiamoci che ci riferiamo ad un paziente che è stato paralizzato dai farmaci e, quindi non in grado di profferire una parola o di muovere un dito. Quando siamo quindi in presenza di una awareness, il risveglio inconsapevole accade prima che il chirurgo abbia iniziato ad incidere o quando ha appena terminato l'intervento e la storia di chi narra di avere visto l’intera operazione chirurgica da sveglio è più impressionato dal dramma che ha subito oppure è rimasto preda di un sogno, piuttosto che da un fatto vissuto realmente, visto che l’awareness non dovrebbe durare più di 5 minuti e poi ci si riaddormenta. Certo, in quelle condizioni 5 minuti non sono il tempo di una canzone, ma di un vero e proprio incubo, con sensazioni vissute dal paziente, di paura, panico, sensazione di fine vita, senso di soffocamento, dolore, il tutto tanto amplificato che sono frequenti le allucinazioni, le stesse che inducono a far ritenere alla vittima che il risveglio inconsapevole sia durato per ore. E’ purtuttavia un’esperienza allucinante, chi l’ha vissuto ha dovuto poi far ricorso allo psicologo, alla stregua di chi ha vissuto sulla propria pelle un trauma devastante come coloro che son rimasti sepolti sotto le macerie dopo un terremoto.

Interessante in tal senso la testimonianza di una paziente che ha vissuto sulla propria pelle la terribile esperienza:

Parliamo di Carol Weihrer, reduce da anestesia cosciente intervistata dalla CNN, si è risvegliata durante un intervento all'occhio. Vigile e ad occhi aperti, era però completamente paralizzata. «Sentivo il chirurgo che diceva a un tirocinante di tagliare più in profondità - racconta - urlavo, ma nessuno mi sentiva. Provavo a muovermi, ma non ci riuscivo. Non sentivo dolore, solo la sensazione di essere strattonata. Ho creduto che stessi per morire».

Motivo per cui, nonostante la rarità della situazione, si preferisce durante un intervento l'utilizzo di sempre più sofisticate tecniche ricorrendo anche farmaci paralizzanti alla minor dose possibile e per il minor tempo, testando la loro azione anche nel corso dell' intervento operatorio.

Nessun allarme particolare, comunque, sono evenienze davvero rare, quasi come essere colpiti da un fulmine e, per lo più isolate a qualche intervento laddove, per questioni cliniche compromesse o per lo stato di assoluta emergenza si sia dovuto ricorrere a dosaggi farmacologici particolari. Ad esempio, in interventi d’urgenza cui si sono dovuti sottoporre pazienti ai quali non è stato possibile effettuare un’accurata anamnesi perché, magari, vittime di incidenti che li han portati in sala operatoria in condizioni critiche. Oppure in alcuni cesarei effettuati anch'essi in emergenza dove di vuole ridurre al massimo la dose di anestetico al fine di non nuocere al bambino che sta per nascere, sopratutto in questi casi i risvegli inconsapevoli salgono di molto, visto che stiamo poco sotto un caso su poco meno di 700 interventi del genere praticati.

Una cosa è certa. Oggi l’anestesiologia ha fatto passi veramente da gigante, un tempo, parliamo di 40/50 anni fa, anche un intervento diappendicectomia richiedeva anestetici che provocavano risvegli pesanti e molto gravosi al paziente che, oltre a stordimento, allucinazioni, dolore forte, doveva anche fronteggiare il vomito che rappresentava spesso una emergenza da trattare il prima possibile. Oggi, anche nei lunghi interventi operatori, la conclusione dell’intervento coincide con un risveglio abbastanza soft e la possibilità di contrastare il dolore post operatorio è assoluta e, quindi, pensare al risveglio inconsapevole è del tutto fuori luogo, diciamo che dovrebbe rappresentare l’ultimo dei problemi che dovrebbe porsi chi subisce un intervento chirurgico.


Fonte: Focus - Pna.org - Hanestesia

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