Cominciamo col chiederci cosa sia l’Ernia inguinale. Parliamo di una patologia diffusa nella popolazione che si concentra maggiormente nell’uomo rispetto che nella donna che vi va incontro otto volte meno. Il dolore associato alla patologia è a tratti sfumato, sopratutto inizialmente potrebbe presentarsi sotto forma di fastidio piuttosto che vero e proprio dolore, che si estende a livello inguinale potendosi anche avvertire a livello della base della coscia nello stesso lato in cui si origina l’ernia.
Sintomatologia a volte chiara, a volte sfumata
Una cosa è tuttavia certa. Qualunque sia la sintomatologia, a volte chiara a volte sfumata, il consiglio è sempre quello di rivolgersi al medico. Molti si accorgono di soffrire di ernia inguinale solo in occasione di sforzi, ad esempio, quando sollevano oggetti pesanti oltre le proprie possibilità, oppure in condizione di sforzi estremi. In questo caso avvertono un dolore di tipo puntorio nella sede in cui si è sviluppata o si sta sviluppando l’ernia, che è più o meno visibile perché si presenta come un rigonfiamento doloroso che a volte può essere interpretato come una vera e propria tumefazione. Altre volte, sopratutto nelle fasi iniziali, si avverte una dolenzia fastidiosa se si comprime la zona anche in assenza di sforzi precedenti, avvertendo anche una spiacevole sensazione di bruciore misto a solletico e formicolio che potrebbe estendersi in particolar modo nella parte più interna della coscia e questo, in genere, confonde il paziente, anche se il fastidio che si fa strada anche in assenza di sforzi, col tempo, limita i movimenti quotidiani. A volte i sintomi sono così sfumati che si va dal medico per riferire il fastidio o il dolore avvertito in sede inguinale o alla base della coscia e si resta stupiti da una diagnosi che il paziente non aveva assolutamente messo in conto, quella, appunto di ernia inguinale.
Che sia una patologia piuttosto frequente lo dimostra il dato statunitense che indica in oltre 1,6 milioni di ernie diagnosticate ogni anno negli Stati Uniti e di queste 500.000 vengono sottoposte a intervento chirurgico. Ciò che appare da subito importante, quando si parla di ernia inguinale, è scongiurare l’insorgenza di complicanze che pure contraddistinguono questa patologia; complicanze rappresentate dall’insorgenza di occlusione intestinale o strozzamento erniario, che richiedono in questi casi, un intervento in urgenza correlato a un tasso maggiore di morbilità e mortalità rispetto a un intervento programmato.
La domanda che permea l’attuale trattazione è se oggi, sulla base di un maggiore riscontro da una parte dell’ernia inguinale e di fronte ad un intervento chirurgico molto meno invasivo rispetto al passato, il ricorso alla chirurgia sia pur sempre necessario o se esiste ancor di più la possibilità di un approccio più conservativo. Secondo la rivista scientifica Mini Invasive Surgery, in soggetti di sesso maschile pure affetti da forme iniziali o comunque lievi di ernia inguinale con fastidi che si riflettono in lieve compromissione delle attività quotidiane, ad esempio, dolori sfumati, sopratutto irradiati alla base della coscia, il rischio di complicanze, come quelle citate è parimenti basso, al punto che i medici parlano di watchful waiting (vigile attesa). Per questi casi al paziente viene raccomandato di evitare sforzi, movimenti bruschi e, sopratutto di riferire immediatamente al medico l’eventuale aggravamento della sintomatologia dolorosa.
In questo caso il chirurgo opta per una gestione conservativa, ovvero, rimanda l’eventuale intervento ritenuto in atto non indispensabile. Attenzione. Ciò non significa che coloro che si trovano in tale condizione eviteranno sicuramente l’intervento chirurgico. Come visto è il chirurgo a decidere se orientarsi verso una gestione conservativa o meno. La possibilità, anche per questi pazienti, di dovere, alla fine, ricorrere all’intervento è almeno del 70%, come si è visto monitorando nel breve-lungo periodo, proprio questo tipo di pazienti, che son dovuti ricorrere all’intervento a causa dell’aggravarsi dei sintomi e per aver sperimentato l’intensificarsi del dolore, nella percentuale testè vista. Così come, si è anche visto che nelle donne affette da questa patologia, la gestione conservativa è sicuramente da evitare per via di maggiori complicanze rispetto all’uomo.
A tale risultato si sarebbe giunti dopo 3 studi clinici controllati che si sono svolti in due Stati europei, Olanda e Inghilterra e uno negli Stati Uniti, in epoca abbastanza recdente, visto che ci si riferisce al periodo 2018/2021. Secondo tali studi, si è concluso che, ferma la posizione cruciale del chirurgo nella valutazione dei singoli casi, è possibile una gestione conservativa nel paziente maschio nei casi dove i sintomi siano di lieve entità e per un periodo di tempo controllato, laddove non si assiste ad una esacerbazione della sintomatologia e laddove il paziente, periodicamente e su indicazione del “suo” chirurgo di riferimento, riceva come indicazione primaria la non indicazione chirurgica, al solo fine di procrastinare l'intervento in periodi diversi, programmandolo nel tempo, magari attendendo che le condizioni generali del paziente, magari affetto da altre patologie, migliorino o si stabilizzino.
Fonti: McBee PJ, Fitzgibbons, Jr RJ. The current status of watchful waiting for inguinal hernia management: a review of clinical evidence. Mini-invasive Surg2021;5:18. - HerniaSurge Group. International guidelines for groin hernia management. Hernia 2018;22:1-165. doi: 10.1007/s10029-017-1668-x.
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