Tutti coloro che soffrono di insufficienza renale cronica, grave, al
punto di dover ricorrere alla dialisi, così come quei pazienti che
ancora non vi hanno fatto ricorso ma sono a rischio di dover
sostituire permanentemente la funzionalità renale con la dialisi
medesima, così come tutti noi che potremmo andare incontro ad una
malattia che ha come conseguenza estrema la dialisi, dovremmo segnarci una
data, il 2030, anno più, anno meno, periodo in cui, potremo dire, forse, addio alla dialisi!
Cominciamo col dire
che di insufficienza renale nella sola Italia ne soffrono circa 4
milioni e mezzo di persone, nel mondo la cifra raggiunge gli 850
milioni. Nel nostro Paese i pazienti che sono affetti da tale malattia
cronica, spesso non sanno neanche di soffrirne, quando
l’insufficienza renale cronica è ancora agli esordi, ricordando
che parliamo di una patologia non reversibile che si può curare col
solo scopo di non aggravare la situazione. Per alcuni di questi
pazienti c’è la possibilità di ricorrere al trapianto di rene,
che rispetto alla dialisi è un gran vantaggio, ma obbliga il
paziente ad assumere farmaci impegnativi per tutta la vita, per non
contare che i reni disponibili per il trapianto, sono una minima parte rispetto alle reali richieste. Così come c’è pure da
aggiungere che per molti la dialisi, pur rappresentando l’ “ultima
spiaggia” per rimanere in vita, non esclude l’ipotesi di
premorienza dopo un periodo medio lungo di ricorso a tale procedura che, comunque, finisce per rappresentare per il malato una
schiavitù perenne, minando la qualità della vita stessa del paziente, vista la necessità di ricorrervi più volte la settimana e, sopratutto, vita natural durante. Se poi pensiamo al fatto che il paziente, privato di una corretta idratazione ed
alimentazione, finisce con l’assistere ad un decadimento generale a
volte importante, anche a livello psicologico, ben si comprende che si parla di un trattamento estremo sicuramente gravoso per chi deve subirlo.
Perchè diremo addio
alla dialisi
Tale possibilità è
frutto dello studio scientifico da parte di un nutrito numero di ricercatori della
University of California San Francisco che hanno dato vita al
progetto Kidney Project e pubblicato sulla rivista scientifica Nature Communications. Secondo
il delicato lavoro scientifico compiuto da questi scienziati, entro
il 2030 potremmo assistere alla messa in funzione di un piccolo rene
bioartificiale, costruito secondo le esigenze del singolo paziente,
che una volta impiantato chirurgicamente direttamente sul malato,
assolverà alle funzioni che sono di pertinenza del rene naturale,
fatto che affrancherà i malati dalla dialisi stessa.
Per essere più
precisi, tale rene bioartificiale prevede che cellule renali del
paziente inserite all’interno di questo strumento che consiste in
un minibioreattore, si moltiplichino e assolvano alle funzioni che il
rene sano compie. L’esperimento, fino adesso, sui maiali ha dato
esito positivo, avendo constatato che con tale inedito strumento si ripristinano le normali funzioni delle
cellule, la regolare riproduzione delle stesse che sostituiscono quelle morte, in quello che si definisce ricambio cellulare, alla stregua di quanto avviene in natura e cosa importante,
il cosiddetto rene bioartificiale, in tali condizioni, ha funzionato
regolarmente ed ininterrottamente per una settimana, senza creare i
fenomeni di rigetto che sono la norma di ogni trapianto. Adesso si
tratta di perfezionare l’opera e sperare che il mini biorettatore
funzioni, una volta impiantato, per un periodo di gran lunga maggiore
e sopratutto che funzioni nell’uomo come avvenuto oggi nel maiale.
Importante ricordare che il bioreattore si collega direttamente ai vasi sanguigni che trasportano sangue e, quindi ossigeno, mantenendo
in vita le cellule renali. Nel caso del biorene artificiale, proprio per
evitare possibili reazioni del sistema immunitario che potrebbe
scambiare questo dispositivo per un invasore, attaccandolo, come solitamente avviene coi trapianti d’organo,
particolari membrane al silicone avvolgono il tutto in modo da
“distrarre” il sistema immunitario che in questo modo può
tollerare l’intruso all’intero del corpo.
I limiti dello
Studio scientifico
Ricordando che la
fisiologia del rene non prevede soltanto l’eliminazione delle
scorie dell’organismo, che è solo una delle tante funzioni di
quest’organo, basti solo ricordare il ruolo centrale nel
mantenimento della pressione arteriosa svolto dai reni,
stessa cosa
per quanto attiene il corretto equilibrio idro-salino del sangue che
compete ai reni stessi, si capisce bene che lo studio scientifico può
ritenersi completato quando saremo nelle condizioni di applicare un
sistema artificiale che non si limiti soltanto a “depurare“ delle tossine il
sangue del paziente, ma riesca a riprodurre artificialmente le
intere funzioni di questo organo. Per far ciò, seguendo quanto
dichiarato da Mario Cozzolino, Ordinario di Nefrologia al
Dipartimento Scienze della Salute dell’Università di Milano e
Direttore del Dipartimento di Nefrologia e Dialisi ASST santi Paolo e
Carlo, occorre una ulteriore strategia da applicare, volta a perfezionare il
biorene artificiale da impiantare, in modo che elimini totalmente le cellule
malate del rene che andranno sostituite interamentre con quelle cellule
staminali ottenute dalle stesse cellule del paziente. Ciò perchè i nefroni, ovvero le cellule renali, una volta danneggiati non si
costituiscono più autonomamente e, quindi, superato tale ostacolo
con la strategia appena citata, si potrà disporre di un biorene
artificiale impiantato, di piccole dimensioni con la capacità di
donare al paziente una nuova vita da un punto di vista nefrologico.
Gli scienziati sono quanto mai ottimisti e la strada per mandare in
soffitta la dialisi parrebbe più che mai tracciata
Fonte: La Verità/Panorama
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